I miei fiori preferiti
Nel 1974, la rivista «Sōgetsu» chiedeva a Tezuka Osamu
(1928-89) di scrivere un breve articolo sui suoi fiori preferiti. Da amante
della natura, la sua risposta non poteva che essere generica (“mi piacciono
tutti i fiori”), ma come fumettista aveva le sue preferenze (“odio le rose”). Appare
subito evidente che non si tratta di una valutazione in termini di bellezza, ma
di una difficoltà “tecnica” legata alla riproducibilità su carta di quel fiore.
In un qualsiasi manga destinato
a un pubblico femminile – soprattutto a cavallo tra gli anni Cinquanta e
Settanta - le rose fanno immancabilmente
la loro comparsa, vuoi per immortale un momento topico, vuoi per accompagnare
l’ingresso in scena di un personaggio. Negli shōjo manga, ad esempio, la valenza dei fiori non è soltanto
decorativa, ma è prettamente simbolica: rifacendosi al linguaggio dei fiori (hana kotoba), gli autori erano soliti
associare un determinato fiore a un preciso archetipo femminile. La rosa –
simbolo di purezza, ma anche di eleganza e raffinatezza – era una condicio sine qua non in questo genere
di fumetti e Tezuka non poteva non disegnarle quando la scena lo richiedeva.
Eppure, sembra che lo facesse con grande sforzo, impegnandosi a disegnarle
petalo per petalo, senza essere però completamente soddisfatto del risultato. Ecco
perché Tezuka non fatica a nascondere una certa invidia nei confronti di molte
sue colleghe, così abili nel disegnare questi fiori.
A fronte di tutte queste
difficoltà, Tezuka si consola bonariamente e afferma di amare in modo
particolare i sakura (prunus serrulata), i fiori di ciliegio,
simbolo del Giappone, della bellezza e del senso effimero dell’esistenza. Per
Tezuka, questi fiori hanno un fascino del tutto particolare, una rara
delicatezza assente nelle specie degli altri paesi. I sakura giapponesi, infatti, non sono sgargianti e appariscenti, ma di
un colore rosa tenue che ne mette in luce la purezza.
Ci sono però altre due
motivazioni alla base di questa scelta. Se da una parte si può scorgere l’ironia
di Tezuka nel sottolineare quanto siano facili da disegnare, dall’altra è
evidente il legame con la sua infanzia e la sua adolescenza a Takarazuka. Il
suo primo ricordo legato ai sakura è
riconducibile a uno spazio urbano della sua cittadina natale, famosa in tutto
il Giappone per la bellezza di questi fiori. Nei ricordi dell’autore, Takarazuka
si trasformava ad aprile in un “paradiso di sakura”:
lungo l’argine del fiume, sulla strada che conduceva al teatro, c’era un lungo
filare di alberi di ciliegio disposti ad arco, conosciuto come “il tunnel dei sakura”. Chiunque passava al suo
interno, si ritrovava avvolto in un turbinio di petali che, volteggiando, si
posavano sulle loro teste.
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