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lunedì 23 gennaio 2017

"Kamimura Kazuo - La semplicità della bellezza"


A cura di Paolo La Marca e Lucca Comics & Games
Per la prima volta al di fuori del Giappone, la Galleria Ammannati di Palazzo Ducale ospiterà una mostra esclusiva dedicata al genio di Kazuo Kamimura (1940-1986), il “pittore dell’era Shōwa”. Voce imprescindibile di una nouvelle vague del manga nata sul finire degli anni Sessanta, Kamimura si è imposto subito all’attenzione di pubblico e critica grazie al suo stile raffinato ed elegante, a tratti rarefatto, e alle sue storie in bilico tra temi sociali e nostalgiche fughe nel passato.
Autore di alcune delle pagine più significative del fumetto giapponese (da Lady Snowblood a Una gru infreddolita, da “L’età della convivenza” a “Il fiume Shinano”), Kamimura ha saputo raccontare le donne come nessun altro, regalando ai suoi lettori una galleria infinita di personaggi femminili, a volte dolci e amabili, ma spesso anche tristi, lussuriose e vendicative.
La mostra cercherà di far luce su alcuni di questi aspetti e si articolerà in tre sezioni (Amore, Eros, Vendetta e rancore), oltre a offrire una carrellata di ritratti femminili con alcune tobira-e (frontespizi) e illustrazioni a colori.

In collaborazione con J-Pop.

Luogo: Palazzo Ducale - Lucca
Data: dal 15 ottobre all’1 novembre 2016
Inaugurazione: sabato 15 ottobre ore 17:30
Orari: dal 16 al 27 ottobre ore 10.00 - 13.00 e 15.00 - 19.00 / dal 28 ottobre all’1 novembre ore 9.00 - 19.00

Ingresso gratuito

Profilo biografico

Kamimura Kazuo nasce il 7 marzo del 1940 a Yokosuka, una cittadina nella prefettura di Kanagawa. Dopo la laurea in design presso l’università d’arte di Musashino, inizia a lavorare come illustratore per la Senkōsha, una rinomata agenzia pubblicitaria. Il suo ingresso nel mondo del manga risale al 1967 con Kawaiko Sayuri-chan no daraku (La degradazione della graziosa Sayuri) e prosegue l’anno successivo con Parada (id.), la prima di una lunga serie di collaborazioni con lo sceneggiatore e amico Aku Yū (1937-2007). La pubblicazione di questo manga suscita grande interesse e lo stile di Kamimura, così fresco e originale, non passa di certo inosservato: anni dopo, Taniguchi Jirō (n.1947) definirà Parada come un manga «totalmente nuovo da un punto di vista espressivo, con un design e un tratto del tutto sconosciuti ai disegnatori di gekiga di quegli anni». Quella che per Taniguchi è «un’eleganza mai vista prima» non faticherà a sbocciare. Dal 1968, Kamimura inizia a collaborare con le più famose riviste dedicate al gekiga e a legare il proprio nome ad alcune delle pagine più belle del fumetto giapponese. Il grande successo di pubblico arriva nel 1971 con Maria (id.) e poi l’anno seguente con Shurayukihime (Lady Snowblood) e Dōsei jidai (L’età della convivenza). I suoi manga hanno ispirato popolari serie tv e film per il grande schermo.
Tra le sue opere più conosciute e apprezzate si ricordano: Shinanogawa (Il fiume Shinano, 1973), Kyōjin kankei (Una relazione folle, 1973), Rikon kurabu (Club divorzio, 1974), Aku no hana (I fiori del male, 1975), Kantō heiya (La pianura del Kantō, 1976) e Onryō jūsanya (Le tredici notti degli spiriti vendicativi, 1976).
A causa di un tumore alla laringe, si spegne l’undici gennaio del 1986 a soli 45 anni.
Le sue opere sono pubblicate in Italia da J-Pop (Edizioni BD). 

Kamimura Kazuo – La semplicità della bellezza
di Paolo La Marca
(dal catalogo della mostra; pp. 38-45)

Gekiga: una premessa

Quando nel 1957 Tatsumi Yoshihiro (1935-2015) conia il termine gekiga, il fumetto giapponese si appresta a vivere uno dei suoi momenti più fulgidi e significativi. La sua stagione d’oro si colloca tra gli anni Sessanta e Settanta, quando compaiono sulla scena alcune delle opere che hanno segnato, e continuano ancor oggi a farlo, l’immaginario collettivo. Qualche titolo: Ninja bugeichō (Il manuale dell’arte dei ninja, 1959) di Shirato Sanpei; Kuroi kizuato no otoko (L’uomo dalla cicatrice nera, 1961) di Satō Masaaki; Nejishiki (La chiavetta, 1968) di Tsuge Yoshiharu; Kozure ōkami (Il lupo solitario e il suo cucciolo, 1970) di Koike Kazuo e Kojima Gōseki e Dōsei jidai (L’età della convivenza, 1972) di Kamimura Kazuo.
Nel tentativo di svincolarsi dal modello infantile e di puro intrattenimento proposto da Tezuka Osamu (1928-1989), alcuni giovani artisti – tra cui lo stesso Tatsumi, ma anche Satō Masaaki e Saitō Takao – avevano cercato di dare un nuovo volto al manga (e quindi anche un nuovo nome, gekiga, inteso come “immagini drammatiche”), rendendolo più introspettivo, alle volte brutale e malinconico, ma sicuramente più realistico nella rappresentazione delle storie e degli svolgimenti. Inoltre, privato di qualsiasi sfumatura umoristica, il gekiga si rivolgeva apertamente a un pubblico di soli adulti. Dopo aver fatto tesoro della lezione di Tezuka in merito alla composizione delle tavole e al taglio cinematografico da dare alle vignette, questi giovani artisti avevano tentato la strada del successo nel mercato dei kashihon’ya (negozi di libri a prestito) su popolari riviste come Kage, Machi e Keiji. Nel giro di pochi anni, il gekiga era riuscito a ritagliarsi una fetta importante di lettori, affascinati da quelle storie che mescolavano realismo ed efferatezze, linee cinetiche e dinamismo, oltre a gettare uno sguardo sul lato più sordido e oscuro della società. Sebbene questi fumetti mostrassero evidenti legami con i romanzi polizieschi e di investigazione, col tempo avevano anche assorbito alcune influenze dalla narrativa hard boiled e dai thriller, senza dimenticare il sempreverde jidaigeki (dramma storico/cavalleresco).
Con il lento declino dei kashihon’ya, il gekiga, ormai sempre più amato dai lettori, aveva trovato una nuova collocazione nelle riviste dedicate ai “giovani adulti”: nel 1966 nasceva Comic Magazine, nel 1967 Weekly Manga Action e Young Comic, nel 1968 Big Comic e Play Comic. La parola chiave restava sempre la stessa – gekiga – e gli editori non mancano di evidenziarla pur di non lasciarsi sfuggire il trend del momento: sui primissimi numeri di Young Comic, infatti, si leggeva a grandi lettere «Gekiga for Young Men». Ed è proprio grazie a queste riviste (ma ricordiamo anche Garo e COM) che il gekiga era riuscito a mostrare le sue enormi potenzialità, a cambiare forma pur non tradendo i principi base espressi da Tatsumi. Su quelle pagine si susseguivano drammi esistenziali, follie visionarie, epopee cavalleresche, scontri generazionali, tormentate storie d’amore e confessioni intimiste. Tra gli autori più importanti di questa nuova generazione, quasi tutti attivi dalla fine degli anni Sessanta, primeggia il nome di Kamimura Kazuo. Amato dal pubblico e corteggiato dalle riviste del tempo, Kamimura riesce sin da subito a distinguersi dagli altri artisti, grazie al suo stile unico e inconfondibile, capace di fondere lirismo e delicatezza in contesti narrativi che alle volte si tingono di lacrime e sangue. Ed è proprio a questo straordinario artista che Lucca Comics & Games rende finalmente omaggio grazie a una mostra, unica nel suo genere, in cui si ripercorrono le tappe salienti della sua carriera. Per la prima volta al di fuori del Giappone, le tavole del maestro Kamimura troveranno una momentanea collocazione nelle sale rinascimentali del Palazzo Ducale. Il percorso espositivo si articola in cinque sezioni: a) amore; b) eros; c) vendetta e rancore; d) tobira-e; e) illustrazioni a colori.

a)     Amore
Quando il 2 marzo del 1972 viene pubblicato sulle pagine di Weekly Manga Action il primo episodio di Dōsei jidai, la carriera di Kamimura Kazuo subisce una svolta. Parallelamente, cambia anche la percezione che i lettori hanno di lui e delle sue opere: da «autore lussurioso» (aiyoku no sakka) diventa improvvisamente «autore sentimentale» (ai no sakka). La storia d’amore tra Kyōko e Jirō, travagliata e infarcita di lacrime, cattura l’attenzione di un pubblico eterogeneo, diventando in breve tempo un fenomeno sociale di portata rilevante. Non era di certo la prima volta che il manga – o meglio il gekiga – si occupava di un tema di scottante attualità come la convivenza. Già nel 1970, le pagine di Garo avevano ospitato Sekishoku erejī (Elegia in rosso) di Hayashi Seiichi (n.1945). C’è da dire, però, che anche se la storia d’amore tra Sachiko e Ichirō restava il tema centrale dell’opera, Hayashi aveva dato maggior peso alla sperimentazione visiva e narrativa, portando avanti un discorso un po’ troppo intellettualistico per essere apprezzato appieno dal grande pubblico. L’approccio di Kamimura, invece, più realistico e melodrammatico, più raffinato e meno contorto, aveva fatto immediatamente breccia nel cuore dei lettori, grazie soprattutto alla spontaneità dei dialoghi e alla verosimiglianza degli eventi narrati. Nonostante le vicende si svolgano durante gli anni delle contestazioni studentesche, dei cortei contro la guerra in Vietnam, della musica psichedelica e della ripresa economica del Giappone, nulla di tutto ciò sembra trapelare da questo manga: l’unico elemento di sovversione è dato dalla decisione dei due ragazzi di andare a convivere in un misero appartamento, di nascondere alle proprie famiglie, agli amici e ai vicini il loro stato di conviventi. Kyōko e Jirō trascorrono le loro giornate nella spensieratezza più totale, liberi come nuvole nel cielo: fanno piccoli viaggi, si divertono come due bambini su un treno, si amano, si baciano incuranti degli sguardi della gente, ascoltano e cantano a squarciagola le canzoni dei Beatles. Nonostante queste premesse, però, il loro legame, mal visto e per nulla accettato dalla società, nasconde un lato triste, carico di sofferenze e incomprensioni. Il loro rapporto così indefinito, le loro sfuriate, il loro volersi bene, le loro angosce di giovani alla ricerca di un posto nel mondo: sono questi gli aspetti che hanno fatto di Kyōko e Jirō la coppia emblema del disagio e della follia d’amore. Di un amore tanto bello quanto fragile, come si legge nelle seguenti parole di Kyōko: «Sia la felicità che l’infelicità sono sempre indistinte. Ma va bene così. Mi piacciono le cose indefinite, quelle che possono rompersi facilmente, quelle simili a una bugia, quelle che assomigliano a un sogno. Mi piacciono le cose fuggevoli».
Cinque delle otto tavole presenti nella sezione «Amore» provengono proprio dalle pagine di Dōsei jidai e fotografano alcuni momenti del loro rapporto di coppia, dagli attimi di infinita tenerezza a quelli di improvvisa passione.

b)     Eros
Da sempre attento ad analizzare l’amore nelle sue varie declinazioni, Kamimura stringe, già dal 1972, un felice sodalizio artistico con Okazaki Hideo (n.1943): sue sono le sceneggiature dei celebri Shinanogawa (Il fiume Shinano, 1973) e Yumeshi Arisu (Alice, maestra dei sogni, 1974), ma soprattutto di Aku no hana (I fiori del male, 1975) e di Inkaden (Storie di fiori osceni, 1976), entrambi pubblicati sulle pagine di Manga Erotopia. Alcune delle tavole esposte nella mostra provengono proprio da Aku no hana: la storia della giovane Sayuri, rapita e nascosta agli occhi del mondo, diventa la parabola di una discesa negli inferi, tra sottomissioni e torture, umiliazioni e violenze. Come di consueto non mancano i riferimenti all’arte giapponese, dalle shunga alle stampe ukiyo-e, con evidenti rimandi grafici e omaggi a Hokusai e al suo Tako to ama (Il polpo e la pescatrice, conosciuto anche come Il sogno della moglie del pescatore, 1814).
Le altre tavole esposte mostrano in maniera ancor più evidente il legame tra Kamimura e le stampe del mondo fluttuante. In Kyōjin kankei (Una relazione folle, 1973), l’autore racconta alcuni momenti della vita di Hokusai, ne celebra l’arte, il genio e la sregolatezza. Pagina dopo pagina, Kamimura rende omaggio al “vecchio pazzo per la pittura” negli scorci paesaggistici, nelle piante, negli uccelli e perfino negli yōkai del volume Hyaku monogatari. E poi ci sono loro, gli amanti, ripresi nelle stesse pose dei protagonisti di alcune shunga, fedeli perfino nei dettagli anatomici (la forma dei piedi, i corpi aggrovigliati, le mani, le braccia che cingono la schiena dell’amante).

c)     Vendetta e rancore
Buona parte della produzione di Kamimura ruota attorno a personaggi femminili animati da rancore o da spirito di vendetta. Nel 1972, il personaggio di Yuki in Shurayukihime (Lady Snowblood) sembra nascere dalla sintesi tra una dokufu (una poison woman) e una kunoichi: dalla prima avrebbe ereditato l’arte della seduzione e dell’inganno, dalla seconda l’arte del combattimento. In due delle sei tavole esposte, Kamimura la ritrae mentre è in azione, fotografata in una serie di sequenze in slow motion o in illustrazioni a doppia pagina da antologia.
Altre due tavole, invece, provengono da Onryō jūsan’ya (Le tredici notti degli spiriti vendicativi, 1976) e nello specifico dal racconto Hebi no tsuji (Il crocevia del serpente), pubblicato su Shūkan Manga Times nel 1977: ancora una volta, il ritratto di una donna sopraffatta dalla gelosia e dal rancore, pronta a tutto pur di ottenere l’amore di un uomo che non vuole e non può amarla.

d)     Tobira-e
Una parte consistente della mostra (quindici tavole) è composta dai frontespizi disegnati da Kamimura per i singoli episodi dei suoi manga. Sono sguardi sognanti di giovani donne, spesso malinconiche, ma alle volte anche tristi e voluttuose. Come nella tradizione delle stampe ukiyo-e, anche Kamimura ritrae le sue donne spiandole nella loro intimità, mentre si truccano o mentre si guardano allo specchio. Si tratta di tobira-e realizzate per alcuni dei suoi più celebri manga: da Rikon kurabu (Club divorzio, 1974) a Hotaruko (id.,1976 ), da Sachiko no sachi (La felicità di Sachiko, 1975) a Maria (id.1971), da Itezuru (Una gru infreddolita, 1974) a Onryō jūsan’ya.

e)     Illustrazioni a colori
Quando nel 1967 viene pubblicato il primo numero di Young Comic, le aspettative da parte della casa editrice (la Shōnengahōsha) sono piuttosto alte. Eppure, le vendite disastrose del primo numero convincono l’editor a un repentino cambiamento. Nel tentativo di dare un tocco più originale alle copertine della rivista, viene chiamato Saitō Takao, ma le sue illustrazioni – non particolarmente accattivanti e ispirate – tengono compagnia ai lettori soltanto per sei mesi. La rivista aveva bisogno di un restyling talmente radicale da riuscire a richiamare nuovi lettori: in altre parole, doveva riuscire a far concorrenza alle «bijo» (belle donne) che Ishinomori Shōtarō (1938-1998) realizzava per le copertine di Play Comic e Monkey Punch (n.1937) per quelle di Weekly Manga Action. La scelta era ricaduta su un giovanissimo Kamimura Kazuo: dal luglio del 1969 al maggio del 1980, Kamimura realizzerà 260 illustrazioni a tema femminile, chiaramente ispirate ai bijin-ga (dipinti di belle donne) e all’estetica romantica di Takehisa Yumeji (1884-1934), ma logicamente modernizzate e adattate ai gusti di un nuovo pubblico.
In questo quinto e ultimo percorso tematico, sono esposte illustrazioni a colori realizzate per le copertine di Young Comic, Pick Up Magazine, Manga Story e Shōsetsu enshō-gō. Infine, non poteva mancare l’immagine simbolo di Kamimura, quella che in parte restituisce al visitare/lettore il suo tratto più identitario: il volto di una giovane donna in lacrime, dall’incarnato pallido e dallo sguardo triste e sognante. Di una bellezza talmente potente e raffinata, da risultare quasi imbarazzante.

Ringraziamenti:

Un sincero ringraziamento va alla figlia di Kamimura Kazuo, Migiwa, per aver accolto con entusiasmo l’idea di questa mostra e per averci gentilmente messo a disposizione le tavole e le illustrazioni originali.
Un sentito grazie a J-Pop (Edizioni BD) e a tutto lo staff di Lucca Comics & Games.


Alcune foto scattate a palazzo Ducale:


                             

 
 
  


  
 


 







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