Autore: Kamimura Kazuo
Anno di pubblicazione: 1977
Numero di volumi: 6
Edizione consultata: Action Comics
Editore: Futabasha
Dalla fine degli anni
Settanta e per tutto il decennio successivo, in Giappone si inizia a respirare
un’aria diversa nel campo del fumetto. Le tragedie e le lacrime cui ci avevano
abituati molti manga (Sekishoku erejī; Dōsei jidai; Sono hito wa mukashi) avevano lasciato il posto al sorriso e al
disincanto, mostrando una gioventù giapponese devota al
consumismo e al divertimento. La semplicità e la spensieratezza dei rapporti sentimentali regalavano una visione inedita dell’amore,
per certi versi impensabile fino a qualche anno prima. Pensiamo alle giovani
donne di Okazaki Kyōko (n.1963), emancipate, autoritarie, egocentriche,
indipendenti, ribelli; oppure alle girandole sentimentali dei protagonisti di Tōkyō rābu sutōri (Tōkyō Love Story,
1988) di Saimon Fumi (n.1957). A ben vedere, il manga iniziava proprio in
quegli anni a perdere la forte carica di contestazione che aveva animato alcune
riviste («Garo» su tutte) e a
trasformarsi, ancora una volta, in un semplice “prodotto” d’intrattenimento
(con alcune eccezioni, s’intende). Non a caso, un genere come il gekiga si ritrovava completamente
tagliato fuori dalle preferenze del pubblico, forse a causa di quell’aura
pesante, tragica e spesso asfissiante che aveva contraddistinto molte delle sue
opere più rappresentative. Come si sarebbero comportati i numerosi autori di gekiga? E che fine avrebbero fatto le
riviste che fino a quel momento avevano ospitato le loro opere? Un cambio di rotta era, quindi, necessario.
Kamimura Kazuo (1940-86)
aveva trovato il successo proprio con il gekiga,
riuscendo a unire sapientemente melodramma ed eros, storia e arte,
problematiche sociali e aspirazioni negate. Di certo, il suo nome rimane legato
alle opere realizzate nel corso degli anni Settanta (Dōsei jidai; Shinanogawa; Shurayuki-hime; Kyōjin kankei; Aku no hana),
ma non bisogna dimenticare che una parte consistente della sua produzione, a
cavallo tra il 1977 e il 1983, si contraddistingue per una notevole impronta di
originalità, legata a tematiche e modalità espressive per lui inusuali. Sulle
pagine della rivista «Weekly Manga Action»,
Kamimura era riuscito a intraprendere questo nuovo cammino artistico, prima con
60 senchi no onna (Una donna a 60 cm
di distanza, 1977-78), poi con Hoshi o
machigaeta onna (La donna che ha sbagliato pianeta, 1978-80) e infine con Yacchare Tomato (1979) e Ryō no jōshiki (Il buon senso di Ryō,
1980-81): si trattava di incursioni nella commedia e nella
fantascienza, con un tocco di romanticismo e avventura. La pubblicazione di un
manga come 60 senchi no onna aveva di certo spiazzato il lettore,
disorientato da una storia che, per la prima volta, rifiutava i cliché
narrativi tanto cari a Kamimura. A ben vedere, qualcosa rimaneva (centralità
della figura femminile; erotismo; esaltazione della femminilità), ma cambiavano completamente contesto e genere narrativo.
Leggendo questo manga,
si individuano alcuni elementi in comune con un’altra opera pubblicata
sempre nel 1977. Si tratta di Ore no seishun (La mia giovinezza) di George Akiyama (n.1943): entrambe le opere prendono il via grazie a uno stesso espediente narrativo (un ragazzo e una ragazza che comunicano attraverso le finestre dei rispettivi appartamenti) e sembrano destinate a seguire uno medesimo iter sentimentale (lui ama lei, ma lei non vuole accettare i
sentimenti del povero ragazzo). A un certo
punto, però, questi due manga prendono due strade diverse, destinate a non
incrociarsi mai più. Kamimura preferisce proseguire lungo il territorio della
fantascienza, mentre Akiyama indaga nei recessi dell'animo umano tra degradazione morale e bassezze. Kamimura, quindi, si lascia alle spalle il passato da autore di gekiga e si cimenta con umiltà con la SF. Come si è già accennato, le tematiche a lui tanto care si riaffacciano sulla scena, ma sono immerse in uno scenario contemporaneo e scanzonato. Il tratto dell’autore è come sempre suggestivo, ma
appare, giocoforza, più semplificato e meno “lirico”.
La storia si lascia gustare fino all’ultima pagina, anche se convince soprattutto
nella prima parte. 60 senchi no onna
non rientrerà di certo tra le opere migliori di Kamimura, ma ha il pregio di
offrire un plot spensierato e mai scontato, con un finale che sembra tradire
le premesse iniziali. Da riscoprire.




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