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giovedì 9 luglio 2015

"60 senchi no onna" di Kamimura Kazuo



Autore: Kamimura Kazuo
Anno di pubblicazione: 1977
Numero di volumi: 6
Edizione consultata: Action Comics
Editore: Futabasha

Dalla fine degli anni Settanta e per tutto il decennio successivo, in Giappone si inizia a respirare un’aria diversa nel campo del fumetto. Le tragedie e le lacrime cui ci avevano abituati molti manga (Sekishoku erejī; Dōsei jidai; Sono hito wa mukashi) avevano lasciato il posto al sorriso e al disincanto, mostrando una gioventù giapponese devota al consumismo e al divertimento. La semplicità e la spensieratezza dei rapporti sentimentali regalavano una visione inedita dell’amore, per certi versi impensabile fino a qualche anno prima. Pensiamo alle giovani donne di Okazaki Kyōko (n.1963), emancipate, autoritarie, egocentriche, indipendenti, ribelli; oppure alle girandole sentimentali dei protagonisti di Tōkyō rābu sutōri (Tōkyō Love Story, 1988) di Saimon Fumi (n.1957). A ben vedere, il manga iniziava proprio in quegli anni a perdere la forte carica di contestazione che aveva animato alcune riviste («Garo» su tutte) e a trasformarsi, ancora una volta, in un semplice “prodotto” d’intrattenimento (con alcune eccezioni, s’intende). Non a caso, un genere come il gekiga si ritrovava completamente tagliato fuori dalle preferenze del pubblico, forse a causa di quell’aura pesante, tragica e spesso asfissiante che aveva contraddistinto molte delle sue opere più rappresentative. Come si sarebbero comportati i numerosi autori di gekiga? E che fine avrebbero fatto le riviste che fino a quel momento avevano ospitato le loro opere? Un cambio di rotta era, quindi, necessario.
Kamimura Kazuo (1940-86) aveva trovato il successo proprio con il gekiga, riuscendo a unire sapientemente melodramma ed eros, storia e arte, problematiche sociali e aspirazioni negate. Di certo, il suo nome rimane legato alle opere realizzate nel corso degli anni Settanta (Dōsei jidai; Shinanogawa; Shurayuki-hime; Kyōjin kankei; Aku no hana), ma non bisogna dimenticare che una parte consistente della sua produzione, a cavallo tra il 1977 e il 1983, si contraddistingue per una notevole impronta di originalità, legata a tematiche e modalità espressive per lui inusuali. Sulle pagine della rivista «Weekly Manga Action», Kamimura era riuscito a intraprendere questo nuovo cammino artistico, prima con 60 senchi no onna (Una donna a 60 cm di distanza, 1977-78), poi con Hoshi o machigaeta onna (La donna che ha sbagliato pianeta, 1978-80) e infine con Yacchare Tomato (1979) e Ryō no jōshiki (Il buon senso di Ryō, 1980-81): si trattava di incursioni nella commedia e nella fantascienza, con un tocco di romanticismo e avventura. La pubblicazione di un manga come 60 senchi no onna  aveva di certo spiazzato il lettore, disorientato da una storia che, per la prima volta, rifiutava i cliché narrativi tanto cari a Kamimura. A ben vedere, qualcosa rimaneva (centralità della figura femminile; erotismo; esaltazione della femminilità), ma cambiavano completamente contesto e genere narrativo.
Il protagonista della storia è Kenji, un fumettista in cerca di successo nel duro mondo del gekiga. Un giorno, nel palazzo di fianco al suo, si trasferisce una giovane e avvenente ragazza e i due iniziano a comunicare dalle finestre delle rispettive abitazioni: a separarli una distanza di soli sessanta centimetri. Si scoprirà che Mu – questo è il nome della ragazza – è in realtà un’aliena in fuga da un pianeta ormai distrutto: la sua missione è analizzare e comprendere gli esseri umani, capire se la Terra potrà essere la sua nuova casa. La ragazza intuisce che l’animo degli uomini è dominato dal denaro e dal sesso e così, nel tentativo di comprenderlo al meglio, si fa assumere prima in un club per soli uomini e poi in un bagno turco. Nel frattempo, inizia a coltivare delle verze che crescono rapidamente grazie ai raggi lunari: mangiandone anche solo una foglia, gli esseri umani possono dimenticare le ansie e godere di una felicità piena. Nonostante l’amore nei confronti di Mu, Kenji non saprà resistere al richiamo dei soldi e della ricchezza: raggirato e deriso, finirà per tradire la fiducia della ragazza e dei suoi amici. Sarà vero che nell’animo degli esseri umani non c’è spazio per l’amore e la lealtà?

Leggendo questo manga, si individuano alcuni elementi in comune con un’altra opera pubblicata sempre nel 1977. Si tratta di Ore no seishun (La mia giovinezza) di George Akiyama (n.1943): entrambe le opere prendono il via grazie a uno stesso espediente narrativo (un ragazzo e una ragazza che comunicano attraverso le finestre dei rispettivi appartamenti) e sembrano destinate a seguire uno medesimo iter sentimentale (lui ama lei, ma lei non vuole accettare i sentimenti del povero ragazzo). A un certo punto, però, questi due manga prendono due strade diverse, destinate a non incrociarsi mai più. Kamimura preferisce proseguire lungo il territorio della fantascienza, mentre Akiyama indaga nei recessi dell'animo umano tra degradazione morale e bassezze. Kamimura, quindi, si lascia alle spalle il passato da autore di gekiga e si cimenta con umiltà con la SF. Come si è già accennato, le tematiche a lui tanto care si riaffacciano sulla scena, ma sono immerse in uno scenario contemporaneo e scanzonato. Il tratto dell’autore è come sempre suggestivo, ma appare, giocoforza, più semplificato e meno “lirico”. La storia si lascia gustare fino all’ultima pagina, anche se convince soprattutto nella prima parte. 60 senchi no onna non rientrerà di certo tra le opere migliori di Kamimura, ma ha il pregio di offrire un plot spensierato e mai scontato, con un finale che sembra tradire le premesse iniziali. Da riscoprire.


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