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sabato 30 maggio 2015

"Koroshiya Ichi" di Yamamoto Hideo


AutoreYamamoto Hideo
Anno di pubblicazione1998
Numero di volumi10
Edizione consultata: Young Sunday Comics
Editore: Shōgakukan

All’interno dell’universo manga esisterebbero, secondo il critico Yonezawa Yoshihiro (1953-2006), due filoni narrativi legati alla figura del killer (koroshiya). Il primo è rappresentato da artisti come Satō Masaaki (1939-2004), Tatsumi Yoshihiro (1935-2015) e Ishikawa Fumiyasu (n.1937), più attenti a coniugare il filone hard boiled con una cruda e spietata analisi sociale; il secondo, invece, da artisti del calibro di Saitō Takao (n.1936) e Yokoyama Masamichi (1930-2003), orientati verso il puro intrattenimento con una narrazione priva di qualsiasi pretesa intellettualistica. In entrambi i casi, il successo di queste tipologie di storie ha garantito al genere una popolarità mai scalfita, consolidata nel corso dei decenni dalla pubblicazione di innumerevoli cloni. Nel tentativo di sfuggire a cliché narrativi e stereotipi grafici, la figura del killer ha subito col tempo alcuni rimaneggiamenti, adattandosi ai gusti di un nuovo pubblico e contestualizzandosi alla realtà quotidiana. Due nomi soltanto: l’infallibile e glaciale Duke Togo di Gorugo 13 (Golgo 13, 1968-) di Saitō Takao e il killer piangente Hinomura Yō di Kuraingu Furīman (Crying Freeman, 1986-88), di Koike Kazuo (n.1936) e Ikegami Ryōichi (n.1944). Le lacrime del protagonista di Crying Freeman sono il trait d’union con il manga di Yamamoto Hideo (n.1968) dal titolo Koroshiya Ichi (Ichi the killer, 1998-2001). Anche in questo caso, un killer che piange dopo aver commesso un omicidio. Stesso espediente ma finalità narrative tutt’altro che convergenti.
Pubblicato a puntate sulle pagine di «Shūkan Young Sunday», la storia prende il via dalla scomparsa del boss del clan Anjō. Viene ipotizzato un rapimento a scopo di riscatto o una sua fuga con amante e soldi, ma in realtà si tratta di un cruento omicidio di cui non è rimasta traccia. Esecutore materiale è Ichi, un ragazzo mentalmente instabile, debole e vigliacco nella vita di tutti i giorni, ma crudele e risoluto quando veste i panni del killer. Abile esperto di arti marziali, indossa una tuta con il numero “1” stampato sulla schiena (“Ichi” per l’appunto) e calza scarpe dalle lame affilate. A ripulire i luoghi del massacro e a cancellarne ogni minima traccia, ci pensa un gruppo di spiantati capitanati da un vecchietto. Nel vano tentativo di ritrovare il proprio boss, il clan inizia le ricerche e fra tutti i kobun (i “seguaci”) emerge la figura di Kakihara, un folle masochista dal volto sfigurato. L’azione non si sposta quasi mai dal quartiere di Kabukichō, teatro di efferati omicidi, stupri, rese dei conti tra gruppi di yakuza, ma anche luogo di divertimenti, di locali a luci rosse e pachinko. Quando si scopre che il boss è stato ucciso da un certo Ichi, inizia la caccia all’uomo: il gatto insegue il topo ma, ironia della sorte, si ritrova a essere inseguito a sua volta. Prima della resa dei conti, però, sembra non esserci scampo neanche per il lettore: cascate di emoglobina, corpi sventrati, mutilazioni, torture e perversioni sessuali.
Yamamoto Hideo non è certo un autore che disdegna gli scandali e le provocazioni, anzi, ci ha costruito sopra una carriera invidiabile: sordido e perverso con Okama hakusho (Il diario di un travestito, 1989-91) e voyeur in cerca di morbosità e segreti in Nozokiya (Il guardone, 1992) e Shin Nozokiya (Spioni a pagamento - Nuova serie, 1993-97). Anche come sceneggiatore del manga Enjo-kōsai bokumetsu undō (Movimento per lo sradicamento della prostituzione giovanile, 1998 – trad.it. Another one bites the dust) dimostra di trovarsi a suo agio con temi disturbanti e immagini provocatorie. Lo stesso vale anche per Koroshiya Ichi, una serie da cinque milioni di copie, aspramente criticata, vietata, ma così osannata da essere ormai assurta a rango di classico contemporaneo. E’ curioso, però, notare che un titolo del genere vanti soltanto tre edizioni in lingue occidentali (francese, tedesca e italiana), nonostante il successo e il traino del potente e visionario lungometraggio di Miike Takashi (n.1960).
Quali aggettivi, quindi, si possono usare per definire la serie più coinvolgente (o meglio “sconvolgente”) degli ultimi anni? Personalmente ne ho trovati cinque. Violenta, pulp, estrema, controversa e agghiacciante. Un manga che affascina e incanta la mente del lettore, seppur tra il ribrezzo e il rifiuto.



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