Autore: Yamamoto Hideo
Anno di pubblicazione: 1998
Numero di volumi: 10
Edizione
consultata: Young Sunday
Comics
Editore: Shōgakukan
All’interno
dell’universo manga esisterebbero, secondo il critico Yonezawa Yoshihiro
(1953-2006), due filoni narrativi legati alla figura del killer (koroshiya). Il primo è rappresentato da
artisti come Satō Masaaki (1939-2004), Tatsumi Yoshihiro (1935-2015) e Ishikawa
Fumiyasu (n.1937), più attenti a coniugare il filone hard boiled con
una cruda e spietata analisi sociale; il secondo, invece, da artisti del
calibro di Saitō Takao (n.1936) e Yokoyama Masamichi (1930-2003), orientati
verso il puro intrattenimento con una narrazione priva di qualsiasi pretesa
intellettualistica. In entrambi i casi, il successo di queste tipologie di
storie ha garantito al genere una popolarità mai scalfita, consolidata nel
corso dei decenni dalla pubblicazione di innumerevoli cloni. Nel tentativo di
sfuggire a cliché narrativi e stereotipi grafici, la figura del killer ha
subito col tempo alcuni rimaneggiamenti, adattandosi ai gusti di un nuovo
pubblico e contestualizzandosi alla realtà quotidiana. Due nomi soltanto:
l’infallibile e glaciale Duke Togo di Gorugo 13 (Golgo 13,
1968-) di Saitō Takao e il killer piangente Hinomura Yō di Kuraingu
Furīman (Crying Freeman, 1986-88), di Koike Kazuo (n.1936) e Ikegami
Ryōichi (n.1944). Le lacrime del protagonista di Crying Freeman sono
il trait d’union con il manga di Yamamoto Hideo (n.1968) dal titolo Koroshiya
Ichi (Ichi the killer, 1998-2001). Anche in questo caso, un killer che
piange dopo aver commesso un omicidio. Stesso espediente ma finalità narrative
tutt’altro che convergenti.
Pubblicato
a puntate sulle pagine di «Shūkan Young Sunday», la storia prende
il via dalla scomparsa del boss del clan Anjō. Viene ipotizzato un rapimento a
scopo di riscatto o una sua fuga con amante e soldi, ma in realtà si
tratta di un cruento omicidio di cui non è rimasta traccia. Esecutore materiale
è Ichi, un ragazzo mentalmente instabile, debole e vigliacco nella vita di
tutti i giorni, ma crudele e risoluto quando veste i panni del killer. Abile
esperto di arti marziali, indossa una tuta con il numero “1” stampato sulla
schiena (“Ichi” per l’appunto) e calza scarpe dalle lame affilate. A ripulire i
luoghi del massacro e a cancellarne ogni minima traccia, ci pensa un gruppo di
spiantati capitanati da un vecchietto. Nel vano tentativo di ritrovare il
proprio boss, il clan inizia le ricerche e fra tutti i kobun (i
“seguaci”) emerge la figura di Kakihara, un folle masochista dal volto
sfigurato. L’azione non si sposta quasi mai dal quartiere di Kabukichō, teatro
di efferati omicidi, stupri, rese dei conti tra gruppi di yakuza,
ma anche luogo di divertimenti, di locali a luci rosse e pachinko.
Quando si scopre che il boss è stato ucciso da un certo Ichi, inizia la caccia
all’uomo: il gatto insegue il topo ma, ironia della sorte, si ritrova a essere
inseguito a sua volta. Prima della resa dei conti, però, sembra non esserci
scampo neanche per il lettore: cascate di emoglobina, corpi sventrati, mutilazioni,
torture e perversioni sessuali.
Yamamoto
Hideo non è certo un autore che disdegna gli scandali e le provocazioni, anzi,
ci ha costruito sopra una carriera invidiabile: sordido e perverso con Okama
hakusho (Il diario di un travestito, 1989-91) e voyeur in cerca di
morbosità e segreti in Nozokiya (Il guardone, 1992) e Shin
Nozokiya (Spioni a pagamento - Nuova serie, 1993-97). Anche come
sceneggiatore del manga Enjo-kōsai bokumetsu undō (Movimento
per lo sradicamento della prostituzione giovanile, 1998 – trad.it. Another
one bites the dust) dimostra di trovarsi a suo agio con temi disturbanti e
immagini provocatorie. Lo stesso vale anche per Koroshiya Ichi, una
serie da cinque milioni di copie, aspramente criticata, vietata, ma così
osannata da essere ormai assurta a rango di classico contemporaneo. E’ curioso,
però, notare che un titolo del genere vanti soltanto tre edizioni in lingue
occidentali (francese, tedesca e italiana), nonostante il successo e il traino
del potente e visionario lungometraggio di Miike Takashi (n.1960).
Quali
aggettivi, quindi, si possono usare per definire la serie più coinvolgente
(o meglio “sconvolgente”) degli ultimi anni? Personalmente ne ho trovati
cinque. Violenta, pulp, estrema, controversa e agghiacciante. Un manga che
affascina e incanta la mente del lettore, seppur tra il ribrezzo e il rifiuto.



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