Autore: Watanabe Masako
Anno di pubblicazione: 1998
Numero di volumi: 1
Edizione consultata: Emerald
Comics
Editore: Harlequin
C’è chi li chiama OL manga (Office Lady manga), chi redīsu
komikkusu (ladies comics), chi yangu redīsu komikkusu (young ladies comics), chi ancora josei
manga (manga per donne). Qualcuno potrà obiettare che le definizioni
sono poco importanti, soprattutto quando si parla di generi narrativi
accomunati da una medesima fascia di lettori (giovani donne tra i diciotto e i
trent’anni). Però, all’interno di una tassonomia fumettistica sempre più ricca, è importante, a mio avviso, riuscire a cogliere le sottili sfumature tra questi generi narrativi. Un
termine come ladies comics, ad
esempio, può apparire oggi ormai desueto, ma si scopre essere sorprendentemente
popolare negli anni Ottanta, sinonimo di erotismo e spregiudicatezza. Non a
caso, autrici come Morizono Milk (n.1957) hanno fatto la propria fortuna con
questo genere di storie, spesso pruriginose, assai discutibili e totalmente
prive di qualsiasi inibizione. Il discorso, invece, cambia quando si parla di young ladies comics e di josei manga, molto più equilibrati, meno
provocatori, più introspettivi, ma talvolta fin troppo frivoli. Generalizzare
non fa mai bene, ma all’interno di una categoria in continua evoluzione (oggi
più originale che in passato), trovano spazio anche prodotti smaccatamente
commerciali, banali e del tutto trascurabili.
Mi riferisco in
particolare a due progetti distinti, il primo chiamato Hāmonii komikkusu (Harmony Comics) e il secondo Hārekuin komikkusu (Harlequin comics). A
fugare ogni dubbio sulla tipologia di manga, ci pensa il sito della Harlequin
Comics. In breve, si tratta di trasposizioni a fumetti di romanzi rosa
(“sfarzosi e drammatici”) ambientati in Occidente, storie dal lieto fine che
“riempiono il cuore di felicità e che, una volta lette, sapranno di sicuro catturare
il lettore”. Il progetto della Harlequin
Comics è forse il più organizzato e può contare attualmente sul supporto di
cinque riviste: «Hārekuin» (Harlequin), «Hārekuin orijinaru» (Harlequin
Original), «Bessatsu Hārekuin»
(Harlequin – Supplemento), «Zōkan Hārekuin» (Harlequin- Numero speciale), e «Hārekuin darling!»
(Harlequin darling!). A fare da apripista a questa curiosa collaborazione tra i
romanzi rosa della Harlequin e il mondo dei manga, è stata la rivista «Hārekuin» che, apparsa per la prima
volta nel febbraio del 2007, poteva vantare la collaborazione di artiste come Saeki Kayono (n.1952), Midori Yukako e Teradate Kazuko.
Già dalla fine degli
anni Novanta, però, si potevano trovare esperimenti simili, magari non così
frequenti come oggi, ma portati avanti con costanza sempre dalla Harlequin
nella collana “Emerald Comics”. Tra i volumi presentati, c’era anche Ema no omokage (Il ritratto di Emma),
disegnato da Watanabe Masako (n.1929) su un soggetto di Kay Thorpe (n.1935).
Fatto ancor più curioso è che questo manga vanta un’edizione in lingua italiana
per i tipi della Harlequin Mondadori (2000), in una
collana chiamata “Xme”. Pubblicati tra il 1999 e il 2001, questi volumi autoconclusivi
(in totale ventisette) erano stati presentati con nuove (e discutibili)
copertine, con tavole completamente ribaltate e con lettura all’occidentale.
Sorvolando su questi dati tecnici, è interessante notare la presenza di alcune
autrici molto popolari in Giappone, ma sorprendentemente inedite in Italia. Fatta
eccezione di Hara Chieko e Hanabusa Yōko, troviamo anche Hanamura Eiko, Teradate
Kazuko e, per l’appunto, Watanabe Masako. Il suo Ema no omokage, però, ha il difetto di tutte le altre storie della
collana: prevedibilità dell’intreccio, eccessiva enfasi sui sentimenti,
romanticismo spicciolo e scontato happy end. Storie rassicuranti, garbati feuilleton d’altri tempi dal sapore
esotico, da fiaba moderna. Nulla di più.
La protagonista di Ema no omokage è Jessica, una giovane
ragazza in fuga da Londra e da un amore finito male. Il destino la riconduce a
casa Morley, una sfarzosa residenza del diciottesimo secolo di proprietà degli
Stafford. Mentre il passato riemerge e i ricordi si fanno sempre più vividi, Jessica si ritrova a essere
corteggiata da uno dei rampolli della casa, tra batticuori, malintesi, balli in
maschera, fughe e sogni d’amore. Non manca nulla a questa storia che già non si
sia letto altrove, perfino i cliché più blasonati. Come da copione, il lato
sentimentale/romantico assume un ruolo centrale nella storia. Grazie alla forza del suo amore, Jessica
riuscirà a far breccia nel cuore dell’enigmatico e ostinato erede degli
Stafford e a coronare il suo sogno d'amore. Insomma, tutto è bene quel che finisce bene.
Se la storia appare fin
troppo esile e scontata, la parte grafica può regalare qualche sorpresa. Intendiamoci,
Watanabe Masako non è al massimo della sua forma, anzi, appare piuttosto
sottotono rispetto a lavori ben più solidi e originali, anche se, nonostante tutto, riesce
pur sempre a imprimere la sua cifra stilistica ormai inconfondibile.
Personalmente, credo che Watanabe Masako si trovi più a suo agio quando ritrae figure femminili diaboliche e vendicative, piuttosto che queste donnine amabili
e aggraziate. Non a caso, l’autrice viene ancora oggi ricordata per alcuni
personaggi controversi, come Isadora di Garasu
no shiro (Il castello di vetro, 1969), Rosalind di Seinto Rozarindo (Saint Rosalind, 1973) o la ben più conturbante e
perfida Loto d’Oro del Kinpeibai (Chin
P’ing Mei - La prugna nel vaso d’oro), riuscitissimo adattamento di un classico
della letteratura erotica cinese. Di Emma e della sua storia, invece, ben pochi
se ne ricorderanno.




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