Autori: Okazaki Hideo e
Sakaki Masaru
Anno di pubblicazione: 1975
Numero di pagine: 21
Rivista: Young Comic (14/05/1975)
Editore: Shōnengahōsha
Nella sua lunga carriera
di editor e sceneggiatore, Okazaki Hideo (n.1943) ha lavorato in coppia con molti
artisti, alcuni dei quali d’indubbio spessore e fama. Buona parte della critica,
però, tende a ricordare soltanto le sue preziose collaborazioni con Kamimura
Kazuo (Shinanogawa; Aku no hana; Inkaden), dimenticando quelle altrettanto valide con Sakaki Masaru
(n.1950) e Habara Aki. Ed è proprio su Sakaki Masaru - o meglio, su un manga
realizzato in coppia con quest’ultimo - che vorrei brevemente soffermarmi.
Della carriera di Sakaki
Masaru se ne sa ben poco, almeno in Occidente. Eppure, il successo raggiunto
verso la metà degli anni Settanta è indiscutibile. Il suo nome rimane legato a
un classico del fumetto erotico, Ai to
yume (Amori e sogni), pubblicato sulle pagine di «Manga Erotopia» nel 1974. Come in tutte le storie di Sakaki, anche
in Ai to yume la figura della donna è
centrale, apparentemente vittima delle violenze e delle brutalità dell’uomo, ma
in realtà creatura manipolatrice e lussuriosa. Fortemente influenzato dall’estetica
dei vecchi film erotici prodotti dalla Nikkatsu (i famosi “roman porno”), Sakaki aveva cercato di mutuarne non tanto i
codici espressivi, quanto il punto di vista della storia. Gli
avvenimenti, infatti, erano narrati da un’ottica prettamente femminile per assolvere
una duplice funzione: da una parte enfatizzare - e quindi condannare - la volgarità e la meschinità dell’uomo, dall’altra
mettere in luce il fascino della donna attraverso la sua forza e bellezza. Non è un caso, quindi, che gran
parte dei racconti di Sakaki si sviluppino proprio attorno a figure femminili
eleganti e aggraziate, circondate da uomini prestanti ma di bassa levatura
morale.
Nel 1975, Sakaki aveva
accettato una saltuaria collaborazione con la rivista «Young Comic», tenuta a battesimo da un breve racconto dal titolo Irezumi fujin (La donna tatuata) su una sceneggiatura
di Okazaki Hideo, autore con il quale in futuro realizzerà altre storie per la stessa rivista (si pensi,
ad esempio, a Tasogare no hatsujō, 1975).
La donna tatuata racconta la storia di una giovane e avvenente sposa,
totalmente devota al padre e al marito. Quando all’improvviso scopre che il
rapporto tra i due è sfociato in qualcos’altro, andando oltre il semplice
legame che unisce un maestro al suo allievo, la donna decide di farsi vendetta
da sola. Per caso, incontra un tatuatore al quale chiede di esaudire il suo desiderio più grande: farsi tatuare per “morire
in bellezza”. Soffocando ogni lamento, imprigiona, nel dolore che penetra attraverso
l’ago nella sua carne, il risentimento nei confronti del padre e del marito. Il
massacro finale siglerà la sua dipartita da questo mondo, senza rimpianti o
ripensamenti: “Se mi è impossibile vivere
in bellezza in questo mondo sudicio, vorrei poter almeno morire in bellezza come
questi fiori”.
Rispetto alle storie
realizzate per «Manga Erotopia», La donna tatuata mostra una maggiore
sintesi e una più accurata pulizia nella costruzione della tavola. Sakaki
indugia sui corpi nudi e sugli amplessi, riuscendo a trovare originali
escamotage per evitare la censura giapponese. In una storia con evidenti
richiami letterari (il racconto Shisei/Il
tatuaggio di Tanizaki Jun’ichirō), Okazaki imbastisce un plot di vendetta troppo
breve per appassionare, ma ugualmente inquietante e coinvolgente. Bisognerebbe
far (ri)leggere questi racconti per far conoscere il vero fumetto erotico
giapponese, con la consapevolezza che nonostante la generale esiguità della
trama, il risultato finale è largamente compensato dall’eleganza del tratto e
dalla suggestiva atmosfera che si viene a creare.


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