A darne per primo la
notizia è stato Paul Gravett, giornalista ed esperto di fumetti. Poi, è
arrivata anche la conferma della stampa giapponese: il maestro Tatsumi Yoshihiro,
padre del gekiga, si è spento il 7
marzo a 79 anni a causa di un linfoma
maligno.
Cenni biografici
Cenni biografici
Nato a Ōsaka nel 1935,
Tatsumi si appassiona al fumetto sin dalla più tenera età, leggendo con il
fratello maggiore le opere di un giovanissimo Tezuka Osamu (1928-89). Ed è proprio da quel
momento che inizia a nascere in lui la voglia di raccontare storie attraverso i disegni. Nel
1952 riceve un’offerta dal mangaka Ōshiro
Noboru (1905-1998) che lo vuole come assistente, ma Tatsumi, tra mille
tormenti, decide di rifiutare l’offerta. Grazie a Ōshiro, però, il giovane
Tatsumi ha l’occasione di presentare i propri lavori alla casa editrice Tsuru
Shobō che nel 1954 pubblicherà il primo volume con il suo nome in copertina. Si
tratta della sua opera di debutto, Kodomojima
(L’isola dei bambini), un racconto avventuroso e allegro incentrato sulle
peripezie di un gruppo di bambini su un’isola deserta (Immagine 1).
Dopo essersi diplomato
al liceo, Tatsumi inizia a lavorare per il mercato delle librerie a prestito (kashihon’ya), fino ad approdare poi alla
Hinomaru Bunko, per la quale realizza una serie di opere brevi dal
taglio decisamente realistico e maturo, quasi cinematografico. La sua
popolarità cresce a tal punto da farlo diventare il nome di punta di «Kage» (Ombre), una rivista di fumetti
specializzata in storie del mistero e di delitti. Nel 1957, realizza un breve
racconto dal titolo Yūrei takushī (Il
taxi fantasma) grazie al quale inizia quel percorso di affrancamento del “manga” dall'etichetta di “lettura poco
seria”, “umoristica” e “infantile”. Arriva a coniare un nuovo termine - gekiga - quasi a voler sottolineare il divario
tra i due generi e a marcare il lato drammatico e violento delle vicende
narrate. Vengono pubblicati in quegli anni i titoli che lo portano al successo:
Pikadon sensei (Il maestro Pikadon,
1954), 33 no ashiato (Le 33 impronte,
1955), Yami ni warau otoko (L’uomo
che ride nelle tenebre, 1955), Koe naki
mokugekisha (Il testimone muto, 1956), Kaette
kita otoko (L’uomo che ritorna, 1956), Kuroi
fubuki (Tormenta nera, 1956) e Shikakui senjō (Un campo di battaglia quadrato, 1962).
Durante gli anni
Sessanta, Tatsumi Yoshihiro continua a scrivere storie con lo stesso entusiasmo
di sempre. Il pubblico non lo abbandona, anzi, proprio in quegli anni lo elegge
a maggiore rappresentante di un fumetto adulto e controverso, drammatico e
introspettivo. I suoi racconti vengono ospitati di frequente sulla rivista «Garo» che, in più di un’occasione, gli
dedica alcuni numeri. Negli anni Settanta, invece, con il
lento declino del genere gekiga, anche
i lavori di Tatsumi sembrano non riscontrare più i gusti del nuovo pubblico.
Instancabile, però, continua a disegnare lavorando
per alcune celebri riviste («Young Comic»,
«Shūkan Manga Times», «Shūkan Manga Sunday»), sforzandosi di
creare storie lunghe e articolate, lontane dal modello del “tanpen” (racconto breve) tipico del gekiga. Alle volte, lo fa lasciandosi guidare
dalla sceneggiatura di altri colleghi (Hanato Kobako, 1928-1983) come nel caso
di Za Gyanburā (Il giocatore d’azzardo,
1977), altre volte, muovendosi su territori per lui nuovi e inconsueti, affrontando
generi come la science fiction (SF Modoki, 1983) e il picaresco (Jigoku no gundan, 1982).
Il suo nome torna
prepotentemente alla ribalta grazie all’opera Gekiga Hyōryū (tradotto in italiano dalla Bao Publishing con il
titolo: Una vita tra i margini), all’interno
della quale ripercorre il suo ingresso nel mondo del fumetto, rievocando il suo passato con uno stile schietto e appassionato, vibrante e commosso. Oltre a offrirci uno
spaccato storico di notevole interesse, Tatsumi ci regala con quest'opera una delle pagine più
intense e significative della storia del fumetto giapponese.
Gli ultimi anni
della sua carriera lo vedono impegnato su più fronti, tra riconoscimenti vari
(Premio Speciale al festival del fumetto di Angouleme; Premio Speciale al
Festival del fumetto di San Diego; Gran Premio Tezuka Osamu), nuovi manga e trasposizioni
animate legate alle sue opere (il lungometraggio Tatsumi, diretto da Eric Khoo).
Nel ricevere il premio Tezuka Osamu con Gekiga Hyōryū, Tatsumi ringraziava e commentava con queste parole: “È stato un lavoro faticoso ma piacevole. Mi sono reso conto che per me è impossibile allontanarmi dal gekiga.”
E noi, continueremo a ricordarlo così, come il padre del gekiga.
Nel ricevere il premio Tezuka Osamu con Gekiga Hyōryū, Tatsumi ringraziava e commentava con queste parole: “È stato un lavoro faticoso ma piacevole. Mi sono reso conto che per me è impossibile allontanarmi dal gekiga.”
E noi, continueremo a ricordarlo così, come il padre del gekiga.





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