Autore: Kobayashi Makoto
Anno di prima pubblicazione: 2008
Numero di volumi: 1
Edizione consultata: Magazine KCDX
Editore: Kōdansha
Se a qualcuno venisse
voglia di leggere un meta-manga (in altre parole, un fumetto che parla di
fumetto) non avrei alcuna esitazione nel consigliare Seishun Shōnen Magajin (Lo Shōnen
Magazine della mia giovinezza, 2008) di Kobayashi Makoto (n. 1958). Non si
tratta dell’ennesima storia di aspiranti fumettisti (si vedano i vari Hoeru pen, Bakuman e Rin), ma di un
nostalgico amarcord che celebra gli anni d’oro di Shōnen Magazine, la popolare rivista che nel corso degli anni ha
ospitato alcuni classici dello shōnen
manga (Tensai bakabon; Ashita no Joe; Ai to Makoto; Cyborg 009).
Nonostante questo volume nasca proprio per commemorare il cinquantesimo
anniversario della rivista, Kobayashi non si propone soltanto di raccontarne i
fasti (più precisamente, il periodo tra il 1978 e il 1983), anzi, ne approfitta
per fare un tuffo nel passato e rievocare ricordi della sua giovinezza. Dopotutto,
è lo stesso autore a dichiarare di “averlo disegnato con le lacrime agli
occhi”, come sopraffatto da un’intensa ondata di ricordi. Ma attenzione:
Kobayashi non è il tipico autore che si abbandona a un sentimentalismo spicciolo,
da quattro soldi, anzi, proprio perché Kobayashi ha fatto del “sorriso” la sua
cifra stilistica, il lettore è ben cosciente che queste “lacrime” sono spontanee
e genuine.
Il volume nasce dal
desiderio di alcuni editor di far raccontare a Kobayashi Makoto il suo esordio
e le sue prime esperienze su Shōnen
Magazine. Inizialmente po’ perplesso, Kobayashi accetta l’incarico e si
racconta ai lettori con il suo stile inconfondibile, ironico e beffardo. A
diciannove anni, il giovane Makoto lascia Niigata per inseguire il sogno di
diventare un mangaka di successo, ma
la fortuna non sembra sorridergli: un piccolo e spartano appartamento a
Yokohama, soldi che scarseggiano e una serie infinita di lavori part-time
iniziati e mai portati a termine (perfino un breve periodo come assistente del mangaka Mochizuki Mikiya). Fino al
giorno in cui si aggiudica il premio per esordienti indetto dalla casa editrice
Kōdansha con il racconto Kakutō san
kyōdai (peraltro incluso in questo volume), una storia di wrestling e
amicizia ambientata in un liceo giapponese. Il successo di pubblico arriva
nello stesso anno con il suo primo lavoro di grande respiro: 1-2 no Sanshirō (1978-83), un manga che segna
un punto di svolta nella storia del fumetto per ragazzi.
Raccontato in questi
termini, si potrebbe pensare che il volume sia autocelebrativo (il trionfo e il
successo dopo innumerevoli sacrifici), ma in realtà Kobayashi fa l’esatto
contrario e si racconta senza pudore ai suoi lettori: scadenze incombenti, insoddisfazioni,
idee che scarseggiano, gaffe (arrivare in ritardo i giorni delle premiazioni), nuovi lavori che lo privano del
tempo per mangiare e perfino per dormire. Il rovescio della medaglia, però, ha
il dolce sapore della soddisfazione: sapere di essere pubblicato sulla stessa
rivista che ospita i manga di Tezuka Osamu, Chiba Tetsuya, Yaguchi Takao e Fujiko Fujio; avere la fortuna di incontrare personaggi di rilievo come Ikki
Kajiwara, Buronson e lo stesso Tezuka Osamu; aver prova dell’affetto del
pubblico e, soprattutto, avere la possibilità di stringere nuove amicizie con
altri mangaka. Ed è proprio a “questi
mangaka” che Kobayashi dedica questo
lavoro, a due amici prematuramente scomparsi: Ono Shinji (1952-1995)
e Ōwada Natsuki (1953-1994). Due nomi totalmente sconosciuti in Italia, ma
molto popolari e amati in Giappone tra la fine degli anni Settanta e la metà degli
anni Ottanta.
I tre si conoscono a un
party della casa editrice Kōdansha, iniziano a lavorare per lo stesso editore (e
in alcuni casi anche per la stessa rivista) e diventano inseparabili. Ribattezzati
come “il trio degli stupidi” (san baka
torio), Kobayashi, Ono e Ōwada si sostengono a vicenda, si confidano, se ne
vanno in giro a bere e a divertirsi. Fino al triste giorno della dipartita di
Ono e Ōwada. A loro due Kobayashi dedica questo lavoro e, sempre
a loro, si rivolge in chiusura: “Se non
vi sta bene qualcosa di quello che ho scritto, ne riparleremo nell’altro mondo.
E litigheremo ancora tutti e tre insieme”. Quel che è certo, però, è che una
volta terminata la lettura, viene sicuramente voglia di riprendere in mano
questi shōnen manga d’annata e riscoprire
il talento e la joie de vivre di questi
tre giovani fumettisti nel pieno della loro radiosa giovinezza.




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