Pagine

martedì 30 dicembre 2014

"Seishun Shōnen Magajin" di Kobayashi Makoto


Autore: Kobayashi Makoto
Anno di prima pubblicazione: 2008
Numero di volumi: 1
Edizione consultata: Magazine KCDX
Editore: Kōdansha


Se a qualcuno venisse voglia di leggere un meta-manga (in altre parole, un fumetto che parla di fumetto) non avrei alcuna esitazione nel consigliare Seishun Shōnen Magajin (Lo Shōnen Magazine della mia giovinezza, 2008) di Kobayashi Makoto (n. 1958). Non si tratta dell’ennesima storia di aspiranti fumettisti (si vedano i vari Hoeru pen, Bakuman e Rin), ma di un nostalgico amarcord che celebra gli anni d’oro di Shōnen Magazine, la popolare rivista che nel corso degli anni ha ospitato alcuni classici dello shōnen manga (Tensai bakabon; Ashita no Joe; Ai to Makoto; Cyborg 009). Nonostante questo volume nasca proprio per commemorare il cinquantesimo anniversario della rivista, Kobayashi non si propone soltanto di raccontarne i fasti (più precisamente, il periodo tra il 1978 e il 1983), anzi, ne approfitta per fare un tuffo nel passato e rievocare ricordi della sua giovinezza. Dopotutto, è lo stesso autore a dichiarare di “averlo disegnato con le lacrime agli occhi”, come sopraffatto da un’intensa ondata di ricordi. Ma attenzione: Kobayashi non è il tipico autore che si abbandona a un sentimentalismo spicciolo, da quattro soldi, anzi, proprio perché Kobayashi ha fatto del “sorriso” la sua cifra stilistica, il lettore è ben cosciente che queste “lacrime” sono spontanee e genuine.
Il volume nasce dal desiderio di alcuni editor di far raccontare a Kobayashi Makoto il suo esordio e le sue prime esperienze su Shōnen Magazine. Inizialmente po’ perplesso, Kobayashi accetta l’incarico e si racconta ai lettori con il suo stile inconfondibile, ironico e beffardo. A diciannove anni, il giovane Makoto lascia Niigata per inseguire il sogno di diventare un mangaka di successo, ma la fortuna non sembra sorridergli: un piccolo e spartano appartamento a Yokohama, soldi che scarseggiano e una serie infinita di lavori part-time iniziati e mai portati a termine (perfino un breve periodo come assistente del mangaka Mochizuki Mikiya). Fino al giorno in cui si aggiudica il premio per esordienti indetto dalla casa editrice Kōdansha con il racconto Kakutō san kyōdai (peraltro incluso in questo volume), una storia di wrestling e amicizia ambientata in un liceo giapponese. Il successo di pubblico arriva nello stesso anno con il suo primo lavoro di grande respiro: 1-2 no Sanshirō (1978-83), un manga che segna un punto di svolta nella storia del fumetto per ragazzi.
Raccontato in questi termini, si potrebbe pensare che il volume sia autocelebrativo (il trionfo e il successo dopo innumerevoli sacrifici), ma in realtà Kobayashi fa l’esatto contrario e si racconta senza pudore ai suoi lettori: scadenze incombenti, insoddisfazioni, idee che scarseggiano, gaffe (arrivare in ritardo i giorni delle premiazioni), nuovi lavori che lo privano del tempo per mangiare e perfino per dormire. Il rovescio della medaglia, però, ha il dolce sapore della soddisfazione: sapere di essere pubblicato sulla stessa rivista che ospita i manga di Tezuka Osamu, Chiba Tetsuya, Yaguchi Takao e Fujiko Fujio; avere la fortuna di incontrare personaggi di rilievo come Ikki Kajiwara, Buronson e lo stesso Tezuka Osamu; aver prova dell’affetto del pubblico e, soprattutto, avere la possibilità di stringere nuove amicizie con altri mangaka. Ed è proprio a “questi mangaka” che Kobayashi dedica questo lavoro, a due amici prematuramente scomparsi: Ono Shinji (1952-1995) e Ōwada Natsuki (1953-1994). Due nomi totalmente sconosciuti in Italia, ma molto popolari e amati in Giappone tra la fine degli anni Settanta e la metà degli anni Ottanta.
I tre si conoscono a un party della casa editrice Kōdansha, iniziano a lavorare per lo stesso editore (e in alcuni casi anche per la stessa rivista) e diventano inseparabili. Ribattezzati come “il trio degli stupidi” (san baka torio), Kobayashi, Ono e Ōwada si sostengono a vicenda, si confidano, se ne vanno in giro a bere e a divertirsi. Fino al triste giorno della dipartita di Ono e Ōwada. A loro due Kobayashi dedica questo lavoro e, sempre a loro, si rivolge in chiusura: “Se non vi sta bene qualcosa di quello che ho scritto, ne riparleremo nell’altro mondo. E litigheremo ancora tutti e tre insieme”. Quel che è certo, però, è che una volta terminata la lettura, viene sicuramente voglia di riprendere in mano questi shōnen manga d’annata e riscoprire il talento e la joie de vivre di questi tre giovani fumettisti nel pieno della loro radiosa giovinezza.

Nessun commento:

Posta un commento