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sabato 5 luglio 2014

"Rabu panikku" di Inoue Yōko


Autore: Inoue Yōko
Anno di prima pubblicazione: 1975
Numero di volumi: 1
Edizione consultata: Shūeisha Manga Bunko
Editore: Shūeisha


Se pensiamo, anche solo distrattamente, ai più importanti shōjo manga degli anni Settanta riusciremo a trovare almeno due elementi comuni in ciascuna di queste opere: l’ambientazione straniera e il sentore di tragedia che si respira sin dalle prime pagine. Tōma no shinzō (Il cuore di Thomas, 1974) di Hagio Moto (n.1949), ad esempio, si apre con il suicidio di un ragazzo, mentre Berusaiyu no bara (Le rose di Versailles, 1972-73) di Ikeda Riyoko (n.1947) si chiude con la morte della protagonista. La lista potrebbe essere lunga (tra tutti, Kaze to ki no uta, ma anche Orufeusu no mado e Suna no shiro), esponenzialmente infinita se estesa anche al territorio dello shōnen manga e del fumetto per adulti. Certo, sarebbe riduttivo generalizzare in questo modo, eppure è piuttosto evidente la tendenza a orientate queste storie verso il dramma e la lacrima facile. Ecco perché quando si inizia a leggere Rabu Panikku (Love Panic, 1975) di Inoue Yōko si è pronti al peggio. Dopotutto, le prime pagine del manga non fanno altro che confermare queste preoccupazioni/supposizioni. Ma di cosa parla Love Panic?


La storia è ambientata in America, a Boston. Sugar è innamorata sin da piccola di Simon e il suo sogno di sposarlo è a un passo dal realizzarsi. Subito dopo le nozze, però, Simon viene investito da una macchina e muore dopo aver comprato cinquanta garofani bianchi che si tingono, così, del rosso del suo sangue. Il linguaggio dei fiori parla chiaro: i garofani bianchi sono simbolo di amore eterno, mentre quelli rossi rappresentano il dolore, il dispiacere e la disperazione. Sembra che per Sugar – ma anche per il lettore – si prospetti una storia imbevuta di lacrime, carica di pathos e autocommiserazione. Con una brusca virata, invece, la Inoue traghetta i suoi lettori nel territorio della commedia. Lo si avverte subito dalle ironiche  considerazioni dello spirito di Simon: “Morire tre ore dopo il matrimonio! Chi aveva detto che “il matrimonio è la tomba della vita”? Merda!”. Simon non se la sente di abbandonare la sua giovane sposa, così la sua anima vaga in cerca di un corpo. Lo trova in quello del suo migliore amico, Alfie, un playboy impenitente, fascinoso e segretamente innamorato di Sugar. Inizia così un divertente gioco degli equivoci, fatto di scambi di persona, malintesi e improvvise rivelazioni. Simon vorrebbe prendere definitivamente possesso del corpo di Alfie scacciandone l’anima con una pozione da lui inventata; mentre Alfie è sempre più convinto di essere affetto da una grave malattia che gli impedisce di ricordare le sue azioni in determinati momenti della giornata. Poi c’è Sugar, contenta del ritorno di Simon ma preoccupata per Alfie e per la sua vita sempre più ingarbugliata e confusa. Chi dei due avrà la meglio e riuscirà a far breccia nel cuore della ragazza?
Oggigiorno sembra che molte autrici di shōjo manga non siano in grado di realizzare una sceneggiatura che esca dai binari della commedia scolastica. Che fine ha fatto l’immaginazione? Ad una prima occhiata, sembra sia del tutto scomparsa. Per fortuna il passato continua a regalarci letture spensierate e godibili, originali e a tratti imprevedibili. Inoue Yōko – nata a Tōkyō il 28 novembre di un anno imprecisato – non è certo un’autrice di grande spessore e fama, eppure Love Panic si legge con grande piacere. Il punto di forza di questo manga – pubblicato nel 1975 sulle pagine di «Shūkan Seventeen» – risiede proprio nella volontà dell’autrice di evitare e al contempo sbeffeggiare i luoghi comuni dello shōjo manga. Dopotutto, «Shūkan Seventeen» era considerata la rivista “sorella maggiore” di «Margaret» e le sue autrici di punta (Nishitani Yoshiko, Takeda Kyōko, Tsukumo Mutsumi, Fukuhara Hiroko, Suzuki Masako) potevano sondare nuovi territori svincolandosi dai dogmi del fumetto per fanciulle. Il tratto della Inoue, poi, per quanto lezioso non risulta mai stucchevole, anzi si sposa bene con la storia e restituisce al lettore quegli stilemi grafici tanto cari allo shōjo manga degli anni Settanta. Dispiace che un’autrice del genere non abbia trovato terreno fertile per maturare e accattivarsi le simpatie di un pubblico più numeroso. I suoi esordi e i suoi primi successi (Harō konyakusha-kun; Minna ga koishiteru) non sono bastati ad assicurarle un posto tra le autrici più importanti di quel decennio. Il suo catalogo, infatti, è privo di un vero e proprio successo, di un’opera capace di farle fare un salto in termini qualitativi e di popolarità. Nonostante tutto, però, la Inoue ha continuato nel tempo su questa strada, impoverendo il suo tratto e disegnando manga – ahimè assolutamente trascurabili – tratti dai romanzi rosa della Harlequin. Un vero peccato. Per riscoprire questa garbata autrice, non resta che immergersi nella lettura delle sue opere più datate e, paradossalmente, più fresche e scanzonate. Love Panic, infatti, riesce a regalare al lettore una piacevole parentesi di svago, senza mai annoiarlo. Di questi tempi, scusate se è poco. 


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