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domenica 28 agosto 2011

"Jun" di Tsumugi Taku


Autore: Tsumugi Taku
Anno di pubblicazione: 1991
Numero di volumi: 1
Edizione consultata: Margaret Comics 1803
Editore: Shūeisha

Atmosfere rarefatte, passeggiate in riva al mare, giri in moto, fughe da casa e risate tra i banchi di scuola. Istantanee di giovani studenti alle prese con l’amore e i cambiamenti comportati dalla crescita. Tutto questo lo si trova nei manga di Tsumugi Taku (n.1964), una delle autrici di shōjo manga più lette e apprezzate degli anni Ottanta, ma ancora stranamente inedita in Italia. Dopo aver venduto milioni di copie con il suo Hotto Rōdo (Hot road, 1986-1987), cementando così la sua popolarità sulla rivista Margaret, Tsumugi Taku ha continuato negli anni a tratteggiare figure di adolescenti irrequieti alle prese con famiglie disastrate e con tanta voglia di fuggire via. Un po’ come cantava Ozaki Yutaka (1965-1992) nel suo celebre pezzo 15 no yoru (Notti da quindicenne, 1983): “correre per le strade con una moto rubata senza conoscere la destinazione, fuggire in una notte da quindicenne sentendosi libero”. Una citazione non a caso, visto che la cultura yankee è onnipresente nei manga della Tsumugi: bande di motociclisti che sfrecciano per le strade della periferia, ragazzi dai capelli cotonati e tinti di biondo, furyō (ragazzi ribelli) che fumano e saltano le lezioni. La stessa Tsumugi era stata una yankee e le sue esperienze giovanili sono diventate poi il bagaglio da cui attingere ricordi e sensazioni. La sofferta storia d’amore tra Haruyama Hiroshi e Miyaichi Kazuki di Hot Road - contrastata, infarcita di lacrime, di separazioni e riconciliazioni - trasuda genuinità e partecipazione, troppo viva per non apparire autentica.
Spesso si legge che i disegni della Tsumugi si somigliano troppo, così come le storie. Innegabile, certo. Però, l’originalità di questa autrice sta proprio in questo, nell’essere riuscita a imprimere un proprio marchio, un proprio stile a una narrazione fatta di monologhi interiori, di pensieri che corrono sulle pagine, liberi e sciolti, di sguardi che parlano senza l'ausilio di ballonn. Essere riconoscibile tra mille, avere un proprio stile: ecco cosa significa essere un’artista. E Tsumugi Taku lo è. Anche se la narrazione sembra articolata in spezzoni, con bruschi passaggi da una scena e l’altra, la sensazione post-lettura è appagante, quasi impalpabile. A parlare sono le singole vignette, quei volti tratteggiati con poche linee ma oltremodo espressivi.
Anche Jun, un volume unico pubblicato nel 1991, si basa su queste premesse e racconta l’ultimo anno delle scuole medie di un gruppo di ragazzi che abita in una città sul mare. Lei si chiama Jun e lui Atsu. Entrambi provengono da famiglie con vari problemi alle spalle, con figure genitoriali irresponsabili o del tutto assenti. I due si incontrano, si ritrovano nella stessa classe, sono vicini di banco. Il loro sarà un lento e contrastato rapporto, fatto di malintesi, di parole non dette e sguardi che chiedono comprensione. Indimenticabile la scena in cui Jun, in sella al motorino e stretta ad Atsu, pensa di voler scappar via, scomparire da qualche parte con lui. Eppure, quando l’ultimo anno delle scuole medie finirà, volgerà al termine anche il loro rapporto. Naturalmente dopo un ultimo abbraccio in un’aula scolastica investita dal sole. Un ricordo. Un istante delle loro esistenze.


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