Autore: Kamimura Kazuo
Anno di prima pubblicazione: 1974
Numero di volumi: 1
Editore: Shōgakukan
Il mio primo incontro
con Kamimura Kazuo (1940-1986) risale ai tempi del liceo grazie a un volume dal
titolo Storia del fumetto giapponese - L’evoluzione
dall’era Meiji agli anni Settanta di Maria Teresa Orsi (Musa Edizioni,
1998). Erano bastate soltanto due tavole tratte da Dōsei jidai (L’epoca
della convivenza, 1972-73) e
poche righe di commento sull’opera a far scattare la scintilla. Le parole di
Maria Teresa Orsi avevano fatto centro e il disegno di Kamimura, così morbido
ed elegante, aveva fatto il resto. Restavano però aperti una serie di
interrogativi: chi era Kamimura Kazuo e quali altre opere aveva realizzato?
A quei tempi, Internet
non era la miniera di informazioni che conosciamo oggi. C’erano piccoli siti
che parlavano di manga e anime, ma lo facevano in maniera del tutto amatoriale
e con fonti non sempre attendibili. Ricordo però l’esistenza di un database in
cui erano presenti molti dei più famosi mangaka
e tra questi, ovviamente, c’era anche Uemura Kazuo (sic!), citato come autore
del celebre Dōsei jidai. Poi,
null’altro.
Credo che siano essenzialmente
tre i motivi della sua “assenza” su quel web appena nato:
1)
nessun anime
era stato tratto dai suoi manga;
2)
i suoi lettori non erano adolescenti (target medio, invece, dei
lettori italiani ed europei di allora) e i suoi manga venivano pubblicati su
riviste indirizzate a uomini adulti (Weekly
Manga Action, Young Comic, Weekly Playboy, Big Comic, etc.);
3)
ma soprattutto, non esisteva ancora una cultura
del fumetto e si ignorava (quasi) completamente la storia del manga.
Per gli italiani, il
“manga” era quel fumetto strano che si “leggeva dalla fine” e che in molti
ricollegavano a opere come Ranma1/2, Dragon Ball, Ken il guerriero e Lamù:
in altre parole, fumetti destinati a un pubblico adolescenziale, resi popolari
grazie ai rispettivi cartoni animati. Proprio in quegli anni la parola “manga”
entrava di diritto nel lessico italiano, seppur carica di pregiudizi e
imprecisioni. Bastava leggere il saggio di Maria Teresa Orsi (scritto peraltro
tra il 1978 e il 1981) per capire realmente cosa fosse il manga.
Leggendo quel volume non
avrei mai pensato, neppur lontanamente, che un giorno la mia strada si sarebbe
potuta incrociare con Kamimura Kazuo e soprattutto con Maria Teresa Orsi:
quest’ultima sarebbe diventata la mia professoressa di lingua e letteratura
giapponese all’università, mentre di Kamimura ne sarei diventato il traduttore
ufficiale. Dopo Shurayuki hime (Lady Snowblood, J-Pop; 2014), lo
incontro per la seconda volta con un’altra sua opera: Itezuru (Una gru
infreddolita – Storia di una geisha), disponibile in italiano con etichetta
J-Pop.
Ancora una volta, al
centro di un suo manga troviamo una donna: non sarà spietata e vendicativa come
Yuki di Lady Snowblood, ma
ugualmente umana e in balia degli eventi. Ambientato durante i primi anni
dell’epoca Shōwa (1926-1989), Una gru
infreddolita racconta la storia di Tsuru, una bambina venduta a una casa di
geisha. Il suo ingresso nel “mondo dei fiori e dei salici” (karyūkai) avviene come shikomikko, una giovane apprendista
tuttofare. Attraverso i suoi occhi, il lettore viene trasportato in un mondo
ormai quasi del tutto scomparso, dove l’eleganza si mescolava al talento, la
bellezza alla tristezza, il dolore alla solitudine. Un universo femminile cui
Kamimura dedica pagine e ritratti indimenticabili: donne egoiste, ribelli,
ambiziose, appassionate e innamorate. E poi c’è lei, la piccola Tsuru,
destinata a diventare la più bella e desiderata di tutte.
Apparso tra il 1974 e il
1980 sulle pagine della rivista «Big Comic», Una gru infreddolita viene pubblicato per la prima volta in formato
monografico nel marzo del 1992 e una seconda volta in formato tascabile nel
settembre del 1996. In entrambe le edizioni, però, mancano due dei
sedici capitoli di cui si compone la storia: l’ottavo (apparso sul numero del
10 marzo del 1977) e il tredicesimo (apparso invece sul numero del 10 dicembre
del 1978). Perché escludere questi due episodi? L’autore era morto nel 1986 e la
famiglia Kamimura non era stata interpellata in merito alla vicenda. Si può quindi
ipotizzare che la decisione di escludere questi due racconti sia stata presa
dalla casa editrice giapponese (la Shōgakukan) e dal curatore del volume. Anche
le versioni in lingua francese e spagnola, basandosi su quella giapponese, sono
prive di questi due capitoli: cinquanta pagine scomparse inspiegabilmente senza
lasciar traccia.
Quando sono stato
contattato dalla J-Pop in merito alla traduzione del manga, ho pensato soltanto
a una cosa: restituire a quel fumetto tutti i suoi capitoli. Entusiasta all’idea
di un’edizione finalmente completa, Kamimura Migiwa – la figlia del fumettista
– mi ha autorizzato a portare avanti questo progetto con la casa editrice
italiana. Il problema erano i materiali: alcune delle tavole originali non
erano più disponibili né presso la famiglia Kamimura né presso la casa editrice
Shōgakukan. L’unica soluzione possibile era ricorrere alle scansioni degli
episodi apparsi su «Big Comic»… due vecchi numeri, per fortuna, in mio
possesso. L’edizione J-Pop, quindi, è l’unica al mondo a contenere tutti i
sedici capitoli: i lettori italiani di Una gru infreddolita potranno
leggere la storia così come era stata concepita dall’autore.
La scommessa con
quest’opera è iniziata dal titolo. Uniformarsi alle edizioni in lingue
occidentali (francese e spagnola) non avrebbe avuto alcun senso: Tsuru è
un’apprendista geisha soltanto per otto capitoli, poi diventa una geisha a
tutti gli effetti. Perché quindi intitolare il manga L’apprendista geisha (L’apprentie
Geisha) o semplicemente Storia di una
geisha (Historia de una geisha)? Il
titolo giapponese non è soltanto un chiaro “riferimento stagionale” (un «kigo»), ma è anche un collegamento
diretto tra l’eleganza e la bellezza di una gru e la protagonista Tsuru (che
significa, per l’appunto, “gru”). Nel corso della lettura, poi, si avrà modo di
scoprire altri dettagli che mettono in relazione, soprattutto a livello
comportamentale, Tsuru con le gru. Infine, la seconda scommessa era riuscire a
presentare l’opera nella sua interezza: restituirle tutti i suoi capitoli era
un atto doveroso oltre che necessario.
L’edizione italiana di Itezuru, quindi, è un chiaro omaggio a
Kamimura Kazuo a trent’anni dalla sua scomparsa. Poiché sarei fin troppo di
parte nell’esprimere un giudizio su quest’opera e sull’arte di Kamimura, vorrei
lasciare la parola alla figlia del fumettista, Migiwa, riportando un suo
giudizio sulle opere del padre[1]. Un
pensiero cristallino che sintetizza, a mio avviso, l’universo racchiuso in Una
gru infreddolita – Storia di una geisha:
“La sua
scrittura rimane ancora oggi viva, intensa e ammaliante. Un inno alla bellezza
femminile che solo lui è stato capace di cogliere e disegnare, un invito a
entrare in un mondo di amore e perversione”.
Bellissimo pezzo! non ero a conoscenza di queste vicende editoriali.
RispondiEliminaCiao! E' stato un vero piacere lavorare all'edizione completa di questo manga. Una bela sfida oltre che un omaggio a Kamimura.
Eliminacomplimenti per la tua curatela dei lavori di Kamimura per la J-POP (anche se ne "I fiori del male sei assente"...e si vede) e in particolare per aver reso filologicamente unica l'edizione italiana di questo capolavoro. Vorrei sapere se è in dirittura d'arrivo per la J-POP (o altri editori, anche se preferirei la J-POP per il rapporto quantità-qualità cartotecnica-prezzo) Onryo jusan’ya (aka Le tredici notti degli spiriti vendicativi). Vista l'attenzione della Rizzoli-Lizard per Mizuki potrebbe essere interessante proporlo a loro...so che portarla in Italia è un tuo pallino ma...beh intriga parecchio anche me! E poi vorrei sapere se è in preparazione un'edizione italiana di Inkaden (I fiori della lussuria). Grazie per le risposte!
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