Autore: Adachi Tetsu
Anno di pubblicazione: 1997
Numero di volumi: 1
Edizione consultata: Yanman KC Eguzakuta
Editore: Kōdansha
Sulle prime, ho avuto
qualche perplessità nell’associare la copertina di Shiawase no hikōkigumo (La scia della felicità) a un mangaka come Adachi Tetsu (n.1968). Il motivo erano forse quel
disegno e quel titolo, due "elementi" che non combaciavano affatto con l’idea che negli
anni avevo maturato su di lui e sulla sua poetica. Lo avevo apprezzato per ben
altre storie, spesso erotiche, comiche, ma sempre audaci, grottesche e
surreali. Leggendo poi il celebre Otenki
onēsan (La metereologa, 1992-94) [1],
queste convinzioni si erano rafforzate e consolidate ancor di più. Eppure,
quella copertina sembrava voler raccontare qualcos’altro, come se l’autore
avesse improvvisamente deciso di invertire la rotta. Si trattava del classico
specchietto per le allodole? Le prime pagine del fumetto sembravano darmi
torto.
Il protagonista del
manga è Ryūji, un bambino che da Tokyo si trasferisce in provincia per andare
a vivere con la nonna. Tutto gli appare nuovo e incomprensibile: la campagna, il vecchio edificio scolastico, gli strambi compagni di classe e i
maestri che sembrano usciti da una tela di George Grosz. In una narrazione che appare
pacata e a tratti intimista, si alternano momenti di gioia e tristezza, tenerezza
e solitudine. All’improvviso, però, tutto cambia e sulla scena si riaffaccia il
buon vecchio Adachi che, maliziosamente, introduce il personaggio di Saijō
Mitsuko, sensuale e avvenente professoressa. Insoddisfatta della vita in
campagna, Mitsuko si aggrappa ai ricordi di un passato non troppo lontano, tra
concorsi di bellezza, comparsate in tv, film di bassa lega, compromessi e sogni
infranti. Al suo ritorno nel tanto odiato paese natio, Mitsuko diventa una
maestra e riversa il suo malessere e le sue frustrazioni sugli alunni, in
particolare sul piccolo Ryūji, reo di aver sbirciato sotto la sua gonna. Anche
se viene tormentato fisicamente e psicologicamente, Ryūji prova per la donna un
affetto reale, quasi materno. Queste continue vessazioni, però, sembrano essere per la donna soltanto un pretesto per ritrovare una popolarità
ormai perduta. Mitsuko è disposta a tutto pur di finire ancora una volta sui
giornali, anche essere sbattuta in prima pagina come una volgare criminale. La sua
mente contorta, ormai annebbiata dalla visione dei vecchi film di Hollywood, la
porta a immaginare perfino la scena del suo arresto, con lei nei panni di
Gloria Swanson nel finale di Sunset Boulevard
(Viale del tramonto, 1950)[2]. Tutto
questo, soltanto per la gloria.
È difficile esprimere un
giudizio su questo manga pubblicato originariamente nel 1997 sulle pagine di «Young Magazine Zōkan Exakta». Se il tratto di Adachi è come sempre
graffiato, rigoroso e oltremodo espressivo, la storia mi ha sinceramente
spiazzato, in alcuni momenti turbato, altre volte sorpreso. La narrazione
sembra quasi una rapsodia in cui si alternano momenti di sconfinata tristezza
a esplosioni di rabbia e violenza. In alcuni passaggi, poi, Adachi calca fin
troppo la mano, inserendo delle immagini disturbanti e
provocatorie. A lettura ultimata, ci si chiede: ma allora, quella copertina e quel titolo si addicono alla storia? Non proprio, anche se
sia Ryūji che Mitsuko cercano - ciascuno a proprio modo - una felicità forse
effimera e transitoria come le scie nel cielo.
[1] La metereologa ha conosciuto in Giappone
un enorme successo di pubblico, amplificato poi grazie a un film, a un dorama e un’OAV. Quest’ultimo è giunto
anche in Italia per i tipi della Yamato Video con il titolo “La metereologa. Previsioni bollenti”,
nella collana Doki Doki.
[2] Per
maggiori informazioni, rimando a un saggio scritto per la rivista «Manga Academica – vol.7», dal titolo “Suggestioni, omaggi e riscritture: quando il
fumetto giapponese incontra il cinema occidentale”, Società Editrice La
Torre, 2014, pp. 33-76.
Da come ne parli, probabilmente è questa un'opera non imperdibile. Non conosco l'autore e non posso giudicare, però un po' mi dispiace che da noi non avremo mai questa varietà nelle preposte degli editori nostrani... Ogni tanto una voce fuori dal coro non farebbe male...
RispondiEliminaNella sua architettura generale, "La scia della felicità" è un buon fumetto, molte parti ben scritte e con una buona sceneggiatura. Il problema è quando Adachi si perde nelle sue fantasie ed esagera.
RispondiEliminaSe non ci fossero state quelle scene, sarebbe stato proprio un bel fumetto.