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domenica 6 settembre 2015

"Shiawase no hikōkigumo" di Adachi Tetsu


Autore: Adachi Tetsu
Anno di pubblicazione: 1997
Numero di volumi: 1
Edizione consultata: Yanman KC Eguzakuta
Editore: Kōdansha

Sulle prime, ho avuto qualche perplessità nell’associare la copertina di Shiawase no hikōkigumo (La scia della felicità) a un mangaka come Adachi Tetsu (n.1968). Il motivo erano forse quel disegno e quel titolo, due "elementi" che non combaciavano affatto con l’idea che negli anni avevo maturato su di lui e sulla sua poetica. Lo avevo apprezzato per ben altre storie, spesso erotiche, comiche, ma sempre audaci, grottesche e surreali. Leggendo poi il celebre Otenki onēsan (La metereologa, 1992-94) [1], queste convinzioni si erano rafforzate e consolidate ancor di più. Eppure, quella copertina sembrava voler raccontare qualcos’altro, come se l’autore avesse improvvisamente deciso di invertire la rotta. Si trattava del classico specchietto per le allodole? Le prime pagine del fumetto sembravano darmi torto.
Il protagonista del manga è Ryūji, un bambino che da Tokyo si trasferisce in provincia per andare a vivere con la nonna. Tutto gli appare nuovo e incomprensibile: la campagna, il vecchio edificio scolastico, gli strambi compagni di classe e i maestri che sembrano usciti da una tela di George Grosz. In una narrazione che appare pacata e a tratti intimista, si alternano momenti di gioia e tristezza, tenerezza e solitudine. All’improvviso, però, tutto cambia e sulla scena si riaffaccia il buon vecchio Adachi che, maliziosamente, introduce il personaggio di Saijō Mitsuko, sensuale e avvenente professoressa. Insoddisfatta della vita in campagna, Mitsuko si aggrappa ai ricordi di un passato non troppo lontano, tra concorsi di bellezza, comparsate in tv, film di bassa lega, compromessi e sogni infranti. Al suo ritorno nel tanto odiato paese natio, Mitsuko diventa una maestra e riversa il suo malessere e le sue frustrazioni sugli alunni, in particolare sul piccolo Ryūji, reo di aver sbirciato sotto la sua gonna. Anche se viene tormentato fisicamente e psicologicamente, Ryūji prova per la donna un affetto reale, quasi materno. Queste continue vessazioni, però, sembrano essere per la donna soltanto un pretesto per ritrovare una popolarità ormai perduta. Mitsuko è disposta a tutto pur di finire ancora una volta sui giornali, anche essere sbattuta in prima pagina come una volgare criminale. La sua mente contorta, ormai annebbiata dalla visione dei vecchi film di Hollywood, la porta a immaginare perfino la scena del suo arresto, con lei nei panni di Gloria Swanson nel finale di Sunset Boulevard (Viale del tramonto, 1950)[2]. Tutto questo, soltanto per la gloria.
È difficile esprimere un giudizio su questo manga pubblicato originariamente nel 1997 sulle pagine di «Young Magazine Zōkan Exakta». Se il tratto di Adachi è come sempre graffiato, rigoroso e oltremodo espressivo, la storia mi ha sinceramente spiazzato, in alcuni momenti turbato, altre volte sorpreso. La narrazione sembra quasi una rapsodia in cui si alternano momenti di sconfinata tristezza a esplosioni di rabbia e violenza. In alcuni passaggi, poi, Adachi calca fin troppo la mano, inserendo delle immagini disturbanti e provocatorie. A lettura ultimata, ci si chiede: ma allora, quella copertina e quel titolo si addicono alla storia? Non proprio, anche se sia Ryūji che Mitsuko cercano - ciascuno a proprio modo - una felicità forse effimera e transitoria come le scie nel cielo.




[1] La metereologa ha conosciuto in Giappone un enorme successo di pubblico, amplificato poi grazie a un film, a un dorama e un’OAV. Quest’ultimo è giunto anche in Italia per i tipi della Yamato Video con il titolo “La metereologa. Previsioni bollenti”, nella collana Doki Doki.
[2] Per maggiori informazioni, rimando a un saggio scritto per la rivista «Manga Academica – vol.7», dal titolo “Suggestioni, omaggi e riscritture: quando il fumetto giapponese incontra il cinema occidentale”, Società Editrice La Torre, 2014, pp. 33-76.

2 commenti:

  1. Da come ne parli, probabilmente è questa un'opera non imperdibile. Non conosco l'autore e non posso giudicare, però un po' mi dispiace che da noi non avremo mai questa varietà nelle preposte degli editori nostrani... Ogni tanto una voce fuori dal coro non farebbe male...

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  2. Nella sua architettura generale, "La scia della felicità" è un buon fumetto, molte parti ben scritte e con una buona sceneggiatura. Il problema è quando Adachi si perde nelle sue fantasie ed esagera.
    Se non ci fossero state quelle scene, sarebbe stato proprio un bel fumetto.

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