Questa nuova rubrica dal
titolo “Ritratti” si pone come
obiettivo quello di presentare al pubblico italiano le figure di quei mangaka tanto osannati e venerati in
patria, quanto sconosciuti all’estero. A inaugurarla ci pensa l’estro di Kojima
Kō (n.1928), eclettico e raffinato artista tra i più rappresentativi sin dai primi anni Cinquanta.
Kojima Kō trova immediato
risconto di pubblico grazie alle sue “donne”, prosperose e dai fianchi
abbondanti, languide e inconsapevolmente sensuali. Non a caso, Okazaki Hideo
(n.1943) ebbe a dire che tra gli anni Sessanta e Settanta erano soltanto due gli
artisti in grado di disegnare una “Donna”: Kamimura Kazuo (1940-86) e Kojima Kō.
E non perché fossero soltanto bravi col
pennino, ma perché riuscivano a tirar fuori da quei personaggi disegnati un’anima
carica di sentimento, eros, risentimento e tristezza. Insomma, la
bidimensionalità di quelle donne si annullava improvvisamente e quelle eroine
di carta assumevano i contorni di una donna reale.
Cenni biografici
Nato il 3 marzo del 1928
a Negishi, Kojima Kō è il primo figlio maschio di un artigiano. Trascorsi gli
anni della giovinezza con il terrore della guerra, il giovane Kojima inizia presto a interessarsi alla
pittura. Nel 1943 si iscrive alla scuola d’arte Kawabata dove frequenta i corsi
di design. Proprio in quell’ambiente conosce Katō Yoshirō (1925-2006), altro
geniale artista che lo indirizza alla carriera di fumettista. Nel 1948, quando i disordini del dopoguerra andavano scomparendo e il
Giappone iniziava una lenta e faticosa ripresa, Kojima ottiene una notevole
popolarità grazie al gruppo da lui fondato con alcuni amici mangaka, il “Dokuritsu manga-ha” (Gruppo manga indipendente). Da quel momento,
continua a pubblicare ininterrottamente su diverse riviste, diventando uno
degli esponenti di spicco nell’ambito del cosiddetto “nonsense manga”. Impossibile
non associare il suo nome a Sennin buraku
(Il villaggio degli eremiti), uno yonkoma
manga (un manga in quattro vignette) ancora in corso di pubblicazione dal
lontano 1956 e, soprattutto, alle eleganti copertine realizzate per la rivista «Manga Sunday».
La sua è stata una carriera
costellata di importanti riconoscimenti, tra cui il Bungei shunjū mangashō (Premio manga Bungei shunjū) nel 1968, il prestigiosissimo Shiju hōshō (Medaglia con nastro viola) nel 1990 e il Kyokujitsu shōjushō (Medaglia dell’Ordine
del Sol Levante) nel 2000.
Una piccola curiosità in
chiusura: è lo zio della famosa mangaka
Anno Moyoko (n.1971).
Altre notizie sono rintracciabili
sul sito personale dell’autore: http://www.ko-kojima.jp/
Galleria
Per presentare al meglio
l’artista, ho selezionato alcune illustrazioni tratte dal volume Kojima Kō bijogashū (Kojima Kō –
Beautiful Women Illustrations, 2005), suddividendole per temi e intervallandole con un
curioso Q&A tra l’artista e il suo intervistatore.
Bijin-ga (Dipinti di belle donne)
Maestro, cos’è per Lei la vera felicità?
Avere una famiglia.
Avere dei buoni amici. Insomma, riuscire a instaurare relazioni umane. Tutto
sommato, è forse l’attimo stesso in cui riesco a vedere il viso di tante
persone. Mi piace bere il sake e partecipare
a dei barbecue. Sarà faticoso per mia moglie visto che ogni sera abbiamo sempre ospiti a cena! Ma dopotutto, la notte non esiste proprio per questo?
Modern girl and beautiful women
Il suo motto?
Forse è quello che
recita: “Bisogna divertirsi!”. Non ho fatto altro che divertirmi nella mia vita
e ho lavorato proprio per poterlo fare. Forse la causa di questo mio modo di
pensare è stata la guerra. Nuotavo in un mondo in cui non era assicurato un
domani. All’improvviso venivano sganciate le bombe e molti dei miei amici
morivano (…) non sono più andato all’università e ho smesso di studiare.
Eppure, ero così contento per il semplice fatto di essere ancora in vita. Così
ho iniziato a disegnare manga e ho continuato a divertirmi (…)
A quasi sessant’anni dal suo debutto, cosa rappresenta per Lei il
manga?
Qualcosa che mi piace.
Non ho altro all’infuori del manga. Da piccolo mi piacevano, avrei voluto
disegnarli e diventare un mangaka
professionista. Questo è il peso rivestito dal manga nella mia esistenza. Per
me, è un mondo poetico. Il manga non è un racconto, ma un poema. Illustrazioni
con dei poemi, con dei temi, i miei (…)
Se per ipotesi, il mondo fosse tutto in bianco e nero, a cosa darebbe
per prima un tocco di colore?
E’ una domanda a cui non
avevo mai pensato. Forse tingerei di giallo il cielo. L’alba.
C’è stato un preciso momento in cui ha pensato di voler diventare un mangaka?
No, ma in cuor mio
sapevo che era questo ciò che volevo fare. Alla fine “sono diventato un mangaka” all’età di 23, 24 anni. (…)
Figure religiose e del folclore
Extra
Quindi, l’attimo in cui ha pensato di voler diventare un autore di fumetti?
Durante la guerra. Avevamo tutti perso i nostri sogni (…) A quei tempi, né la società, né i miei genitori, né i miei parenti approvavano il manga e nessuno riusciva a perdonare questa mia scelta. Non mi avrebbero perdonato nemmeno se fossi diventato un pittore (…) Tezuka Osamu diceva “Io sono il mondo dei bambini”. Allo stesso modo ho pensato che avrei dovuto costruire un mondo fatto di manga per adulti (…) Il mio non era un sogno grande come quello di Tezuka. Volevo soltanto diventare un autore di manga.


mi piace mi piace e mi piace la tua pagina e il lavoro che fai per portarla avanti. Brava!
RispondiEliminaGrazie grazie grazie! (unica rettifica....sono un ragazzo!) ^_^
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