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sabato 26 ottobre 2013

# Ritratti: Kojima Kō


Questa nuova rubrica dal titolo “Ritratti” si pone come obiettivo quello di presentare al pubblico italiano le figure di quei mangaka tanto osannati e venerati in patria, quanto sconosciuti all’estero. A inaugurarla ci pensa l’estro di Kojima Kō (n.1928), eclettico e raffinato artista tra i più rappresentativi sin dai primi anni Cinquanta.
Kojima Kō trova immediato risconto di pubblico grazie alle sue “donne”, prosperose e dai fianchi abbondanti, languide e inconsapevolmente sensuali. Non a caso, Okazaki Hideo (n.1943) ebbe a dire che tra gli anni Sessanta e Settanta erano soltanto due gli artisti in grado di disegnare una “Donna”: Kamimura Kazuo (1940-86) e Kojima Kō. E non perché fossero soltanto  bravi col pennino, ma perché riuscivano a tirar fuori da quei personaggi disegnati un’anima carica di sentimento, eros, risentimento e tristezza. Insomma, la bidimensionalità di quelle donne si annullava improvvisamente e quelle eroine di carta assumevano i contorni di una donna reale.


Cenni biografici
Nato il 3 marzo del 1928 a Negishi, Kojima Kō è il primo figlio maschio di un artigiano. Trascorsi gli anni della giovinezza con il terrore della guerra, il giovane Kojima inizia presto a interessarsi alla pittura. Nel 1943 si iscrive alla scuola d’arte Kawabata dove frequenta i corsi di design. Proprio in quell’ambiente conosce Katō Yoshirō (1925-2006), altro geniale artista che lo indirizza alla carriera di fumettista. Nel 1948, quando i disordini del dopoguerra andavano scomparendo e il Giappone iniziava una lenta e faticosa ripresa, Kojima ottiene una notevole popolarità grazie al gruppo da lui fondato con alcuni amici mangaka, il “Dokuritsu manga-ha” (Gruppo manga indipendente). Da quel momento, continua a pubblicare ininterrottamente su diverse riviste, diventando uno degli esponenti di spicco nell’ambito del cosiddetto “nonsense manga”. Impossibile non associare il suo nome a Sennin buraku (Il villaggio degli eremiti), uno yonkoma manga (un manga in quattro vignette) ancora in corso di pubblicazione dal lontano 1956 e, soprattutto, alle eleganti copertine realizzate per la rivista «Manga Sunday».
La sua è stata una carriera costellata di importanti riconoscimenti, tra cui il Bungei shunjū mangashō (Premio manga Bungei shunjū) nel 1968, il prestigiosissimo Shiju hōshō (Medaglia con nastro viola) nel 1990 e il Kyokujitsu shōjushō (Medaglia dell’Ordine del Sol Levante) nel 2000.
Una piccola curiosità in chiusura: è lo zio della famosa mangaka Anno Moyoko (n.1971).
Altre notizie sono rintracciabili sul sito personale dell’autore: http://www.ko-kojima.jp/

Galleria
Per presentare al meglio l’artista, ho selezionato alcune illustrazioni tratte dal volume Kojima Kō bijogashū (Kojima Kō – Beautiful Women Illustrations, 2005), suddividendole per temi e intervallandole con un curioso Q&A tra l’artista e il suo intervistatore. 

Bijin-ga (Dipinti di belle donne)

Maestro, cos’è per Lei la vera felicità?
Avere una famiglia. Avere dei buoni amici. Insomma, riuscire a instaurare relazioni umane. Tutto sommato, è forse l’attimo stesso in cui riesco a vedere il viso di tante persone. Mi piace bere il sake e partecipare a dei barbecue. Sarà faticoso per mia moglie visto che ogni sera abbiamo sempre ospiti a cena! Ma dopotutto, la notte non esiste proprio per questo?




Modern girl and beautiful women


Il suo motto?
Forse è quello che recita: “Bisogna divertirsi!”. Non ho fatto altro che divertirmi nella mia vita e ho lavorato proprio per poterlo fare. Forse la causa di questo mio modo di pensare è stata la guerra. Nuotavo in un mondo in cui non era assicurato un domani. All’improvviso venivano sganciate le bombe e molti dei miei amici morivano (…) non sono più andato all’università e ho smesso di studiare. Eppure, ero così contento per il semplice fatto di essere ancora in vita. Così ho iniziato a disegnare manga e ho continuato a divertirmi (…)



A quasi sessant’anni dal suo debutto, cosa rappresenta per Lei il manga?
Qualcosa che mi piace. Non ho altro all’infuori del manga. Da piccolo mi piacevano, avrei voluto disegnarli e diventare un mangaka professionista. Questo è il peso rivestito dal manga nella mia esistenza. Per me, è un mondo poetico. Il manga non è un racconto, ma un poema. Illustrazioni con dei poemi, con dei temi, i miei (…)


Se per ipotesi, il mondo fosse tutto in bianco e nero, a cosa darebbe per prima un tocco di colore?
E’ una domanda a cui non avevo mai pensato. Forse tingerei di giallo il cielo. L’alba.





C’è stato un preciso momento in cui ha pensato  di voler diventare un mangaka?
No, ma in cuor mio sapevo che era questo ciò che volevo fare. Alla fine “sono diventato un mangaka” all’età di 23, 24 anni. (…)



Figure religiose e del folclore 


 Extra

Quindi, l’attimo in cui ha pensato di voler diventare un autore di fumetti?
Durante la guerra. Avevamo tutti perso i nostri sogni (…) A quei tempi, né la società, né i miei genitori, né i miei parenti approvavano il manga e nessuno riusciva a perdonare questa mia scelta. Non mi avrebbero perdonato nemmeno se fossi diventato un pittore (…) Tezuka Osamu diceva “Io sono il mondo dei bambini”. Allo stesso modo ho pensato che avrei dovuto costruire un mondo fatto di manga per adulti (…) Il mio non era un sogno grande come quello di Tezuka. Volevo soltanto diventare un autore di manga.




2 commenti:

  1. mi piace mi piace e mi piace la tua pagina e il lavoro che fai per portarla avanti. Brava!

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    1. Grazie grazie grazie! (unica rettifica....sono un ragazzo!) ^_^

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