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domenica 25 novembre 2012

"Motto, ikitai... Install" di Yoshi e Naka Masato


Autori: Yoshi e Naka Masato
Anno di pubblicazione: 2005
Numero di volumi: 2
Edizione consultata: Young Jump Comics
Editore: Shūeisha

Il primo posto nella top ten dei libri più venduti in Giappone nel 2005 (sezione letteraria - bungei bumon) era occupato da Motto, ikitai… (Vorrei vivere di più…), un romanzo scritto da un autore con un misterioso nom de plume, Yoshi. Si trattava di una classifica sicuramente spiazzante per buona parte del bundan (i circoli letterari), forse poco rassicurante e di difficile interpretazione: i primi posti della top ten, infatti, erano occupati da romanzi scritti da autori totalmente estranei al mondo letterario (Yoshi) e più vicini al mondo dell’illustrazione (Lily Franky, n.1963) e del design (Shiraiwa Gen, n.1983). Gli ultimi posti della classifica, invece, riconfermavano la popolarità di Murakami Ryū (n.1952), Kakuta Mitsuyo (n.1967) ed Ekuni Kaori (n.1964), autori tra i più rappresentativi della letteratura giapponese contemporanea, capaci di catturare le attenzioni di un pubblico giovane grazie a una prosa convincente, di grande impatto emotivo, elegante, ma non per questo esclusiva. Insomma, “scrittori di mestiere” battuti, però, nelle vendite da un perfetto sconosciuto.
A ben vedere, Yoshi si era affacciato sulla scena letteraria già nel 2002 con Deep Love – Ayu no monogatari (Deep Love – Storia di Ayu), un romanzo completamente ignorato dalla critica e sbeffeggiato con cattiveria e sarcasmo dalle riviste di largo consumo. Al contrario, il riscontro del pubblico era stato senza precedenti, con milioni di copie vendute [1], serie televisive, film per il grande schermo e riduzioni a fumetti. Deep Love era diventato in breve tempo un fenomeno di culto tra i giovanissimi, nonché fonte di grandi e inaspettati guadagni per l’autore. Nonostante un intreccio narrativo discutibile e raffazzonato (un mix esagerato di sesso, buonismo e lacrime), Deep Love viene considerato il primo keitai shōsetsu al mondo, in altre parole, il primo romanzo scritto e letto attraverso l’utilizzo di un telefono cellulare. La prassi vuole che soltanto dopo il successo in rete, questi romanzi vengano poi pubblicati anche in formato cartaceo. La prima opera a beneficiare di questa doppia visibilità è stata Deep Love, seguita a ruota da Motto, ikitai…, una storia ascrivibile al genere horror. 
Inutile dirlo, il plot ricorda molto da vicino Ringu (The ring, 1991), il romanzo di Suzuki Kōji (n.1957) adattato più volte per il grande schermo (1998, 1999, 2000), con remake in Corea (1999) e in America (2002, 2005) e che ancora in quegli anni continuava a mietere successi. Il leitmotiv sembra essere lo stesso, con le opportune variazioni, si intende: dopo aver ricevuto e letto una misteriosa e-mail con oggetto “down”, le vittime si vedono mutilate di una parte del proprio corpo, senza provare alcun dolore e senza perdere sangue. Le ricerche conducono al cellulare di Kanno Teru, un giovane ed esperto programmatore che sembra però essere completamente estraneo ai fatti. Eppure, le parti recise dei corpi si materializzano inspiegabilmente nel suo frigorifero. Nel tentativo di risolvere il caso, entrano in scena un detective, una liceale e un collega rivale di Teru. Poi il colpo di scena: lo spirito della ex fidanzata del ragazzo vuole costruirsi un corpo con le parti sottratte alle vittime e ordina a Teru di completare un programma sulle AI (Artificial Intelligence) per renderla del tutto identica a un essere umano. Per lei è finalmente arrivato il momento della vendetta. La seconda parte del manga, invece, prende il via da una serie di omicidi legati a uno strano sito internet chiamato “L’arca di Noè”. A muovere le fila di questa sanguinosa carneficina c’è un misterioso personaggio chiamato “Gesù”, intenzionato a purificare la Terra dalle persone malvagie.
La trama, come si è potuto evincere dal breve riassunto proposto, non è particolarmente originale, anzi, sembra essere un concentrato di espedienti narrativi già noti. Qualche esempio. Il computer che improvvisamente prende vita ricorda molto da vicino quello di Watashi wa Shingo (Io sono Shingo, 1982-86) di Umezu Kazuo (n.1936); l’idea dello sviluppo di un programma per le intelligenze artificiali ricorda, invece, il film A.I. di Steven Spielberg uscito nel 2001; ancora, la caratterizzazione di un personaggio come “Gesù” sembra essere ricalcata su quella del protagonista di Desu nōto (Death note), celebre manga del duo Ōba Tsugumi e Obata Takeshi (n.1969), la cui serializzazione era già iniziata nel dicembre del 2003 (Motto, ikitai…, invece, viene pubblicato in formato cartaceo nel dicembre del 2004, con nuovi personaggi e profonde differenze a livello narrativo rispetto alla prima versione sul web dal titolo “Meiru”). 
Il romanzo ha tanti difetti - non lo si può negare - ma non si può neanche non tener conto di un dato di fatto: è stato il libro più venduto del 2005, un'opera, quindi, potenzialmente remunerativa anche su altri canali. Allora perché affidare la versione a fumetti [2] (peraltro apparsa sulla famosa rivista «Shūkan Young Jump») a un’artista tutt’altro che brillante come Naka Masato (n.1970)? Una scelta che lascia francamente perplessi. Data l’impossibilità di riprodurre suoni e urla, un manga horror deve necessariamente puntare su uno stile impeccabile, inquietante, che riesca a scuotere il lettore a livello visivo. Leggendo Motto, ikitai…, invece, si ha come l’impressione di non stringere tra le mani un manga horror: stile insipido, disegni grossolani, sfondi assenti o appena abbozzati, prevalere dei toni chiari su quelli scuri. Due/tre tavole a effetto non bastano a risollevare le sorti di un titolo mediocre. Non c'è traccia di originalità in quest'opera che annoia e non avvince: è soltanto un pastrocchio confuso che tenta di pescare a caso in un calderone pieno zeppo di idee. Completano il quadro: dialoghi imbevuti di retorica, sviluppo narrativo troppo veloce e storie improbabili al limite del ridicolo. Sia il romanzo che la versione a fumetti sono, a mio avviso, trascurabili, anonimi e poco convincenti. Peccato, perché l’edizione della Shūeisha è fatta proprio bene. Smoke gets in your eyes.



[1] Stando a un articolo dello Yomiuri Shinbun (16/03/2005), la serie completa di Deep Love ha venduto qualcosa come tre milioni duecentomila copie fino ai primi mesi del 2005. 
[2] Esiste un’altra versione a fumetti pubblicata in contemporanea sulle pagine di «Margaret» e disegnata da Andō Yuki. La storia è la stessa ma è raccontata dal punto di vista di un altro personaggio, la liceale Mayumi.

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