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sabato 1 settembre 2012

"Shiawase desuka?" di Satonaka Machiko


Autore: Satonaka Machiko
Anno di pubblicazione: 1974
Numero di volumi: 2
Edizione consultata: Kōdansha Comics Nakayoshi
Editore:  Kōdansha


L’intero catalogo di Satonaka Machiko (n.1948) può essere grossomodo suddiviso in due grandi e ben distinti filoni narrativi: il primo farebbe riferimento alla rivista «Shūkan Shōjo Friend», il secondo a «Nakayoshi». Nonostante si tratti in entrambi i casi di pubblicazioni per ragazze, la sottile differenza consiste nel preciso target di età di riferimento: giovani liceali per «Shūkan Shōjo Friend» e studentesse delle elementari e medie per «Nakayoshi». Non a caso, i temi trattati nelle opere apparse sulle due riviste tendono a essere divergenti, per finalità e modalità narrative, sviluppati in maniera tale da proporre due visioni alternative e al tempo stesso complementari dell’amore. Melodrammi imbevuti di lacrime, separazioni, moti del cuore e prime pulsioni sessuali per i manga pubblicati su «Shūkan Shōjo Friend»; scanzonate commedie con protagoniste irriverenti e solari per quelli apparsi su «Nakayoshi». Al primo gruppo sono riconducibili i maggiori successi commerciali (e di critica) della Satonaka, i fiori all’occhiello della sua vastissima produzione, da Ashita kagayaku (Un domani radioso, 1972) ad Ariesu no otometachi (Le vergini dell’Ariete, 1973), fino al celebre Umi no Ōrora (Aurora del mare, 1978-80). Al secondo, invece, sono ascrivibili opere non troppo popolari da un punto di vista delle vendite e che raramente hanno beneficiato di ristampe nel corso degli anni. Qualche esempio: Pinky Pinku (Pinky Pink, 1971-72), Appuru māchi (Apple march, 1972-73), Koibito wa anata dake (Il mio fidanzato sei soltanto tu, 1973) e Shiawase desuka? (Sei felice?, 1974). E’ innegabile che la critica abbia dato un peso maggiore alle opere più mature e controverse della Satonaka, preferendone il lato (melo)drammatico a quello comico. Eppure, nonostante siano evidenti delle marcate e nette differenze tra questi due gruppi di opere, non si può nascondere una certa simpatia per queste commedie frizzanti e dalle poche pretese, godibili sotto il profilo artistico e ammirabili sotto quello narrativo. Intendiamoci, niente di particolarmente memorabile, ma la cura con cui sono state realizzate (dialoghi, impostazione e suddivisione delle tavole) le rende superiori e sicuramente degne di maggior nota rispetto agli altri manga pubblicati sempre in quegli anni su «Nakayoshi». Dopotutto, l’intento di queste opere era di “intrattenere” un pubblico di bambine e giovani ragazze, senza puntare l’accento su drammi e conflitti interiori, ma enfatizzando i momenti più spensierati e felici della prima adolescenza. Batticuori, sogni a occhi aperti, invidie e gelosie tra i banchi di scuola: pattern narrativi fin troppo abusati, ma sviluppati dalla Satonaka con verve, gusto, delicatezza e originalità.

L’intreccio narrativo di Shiawase desuka? sembra incredibilmente anticipare quello di Mezon Ikkoku (Maison Ikkoku), il celebre manga di Takahashi Rumiko (n.1957) pubblicato con enorme successo sulle pagine di «Big Comic Spirits» dal 1980 al 1987. Le due storie, infatti, sembrano condividere uno stesso schema narrativo, seppur sviluppato con intenti e modalità differenti. In breve la trama. Hareyama Itoko è la giovane amministratrice di una pensione fatiscente chiamata Shiawasesō (lett.“Appartamenti felicità”). Ha ventinove anni, è vedova ed è madre di Hatoko, una ragazzina di tredici anni chiamata da tutti Poppo-chan. Nonostante la narrazione sia focalizzata sulle vicende di quest’ultima, la Satonaka riesce a dare voce agli inquilini della pensione, tutti inevitabilmente strambi e sopra le righe: c’è Hayato che - come Godai di Maison Ikkoku- non riesce a superare gli esami d’ammissione all’università ed è perso d’amore per la giovane amministratrice; c’è Mizusawa, un mangaka che colleziona insuccessi e che vive con la figlia Sakura; e poi c’è Midori, una giovane ragazza madre che ha deciso di crescere da sola il figlio. Completano il quadro, Jūichirō, un compagno di classe di Poppo segretamente innamorato di lei, ed Endō, uno yakuza ravveduto che si scioglie di fronte al pianto di un bambino.

La narrazione della Satonaka non ammette pause e gli avvenimenti si accavallano senza lasciar un attimo di tregua al lettore. Ma questo è un bene in siffatte storie che, seppur sature di scene comiche e irreali, di qualche forzatura e ingenuità di troppo, riescono comunque a strappare un sorriso e a risultare appetibili per un pubblico di shōjo in cerca di svago. Fattore da non sottovalutare, poi, il grado di immedesimazione della lettrice media di allora con Poppo-chan: come lei, anche loro sognavano un amore da favola, un matrimonio in abito bianco e un futuro radioso da madre e moglie. Fondamentale, quindi, lo step intermedio, quello dell’innamoramento, il momento fatidico in cui il cuore apre la strada all’amore e ne rivela il carattere esclusivo e di intimo turbamento:


“Hayato è il ragazzo di cui sono innamorata e non voglio che nessuno se ne accorga.

È così… non voglio che nessuno lo sappia, voglio amarlo di nascosto.

Non voglio confessargli il mio amore, ma conservare questi sentimenti dentro di me. (…)

Il cuore mi batte forte,

tum tum, tum tum

le mie guance si arrossano,

tum tum, tum tum

Cosa posso fare??

tum tum, tum tum, tum tum





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