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sabato 1 settembre 2012

"Maihime - Terepushikōra" di Yamagishi Ryōko


Autore: Yamagishi Ryōko
Anno di pubblicazione: 2000
Numero di volumi: 10
Edizione consultata: Da Vinci Comics
Editore: Media Factory

Era dai tempi di Arabesuku (Arabesque, 1971-75) che Yamagishi Ryōko (n.1947) non si cimentava con un ballet manga di largo respiro, un chōhen (un “racconto fiume/lungo”) sul mondo della danza classica. Il titolo da lei scelto, poi, non lascia spazio a equivoci: Maihime - Terepushikōra (Tersicore, la musa della danza, 2000-06). A quasi trent’anni di distanza, la Yamagishi torna a interessarsi al balletto classico e confeziona un’opera discussa e controversa, una spietata analisi della società giapponese contemporanea filtrata attraverso i racconti di vita di alcune aspiranti ballerine. 
Seppur nella forma del racconto breve, però, la Yamagishi aveva continuato negli anni a disegnare storie ascrivibili al genere del ballet manga. Lo aveva fatto, però, con uno spirito diverso rispetto alle opere d’esordio, sicuramente privo delle suggestioni grafiche e della sobria eleganza dei manga di alcune colleghe (su tutte, Ariyoshi Kyōko), ma teso a spogliare la storia di tutti gli elementi superflui per dare risalto al tessuto narrativo. Tra i risultati migliori andrebbero segnalati almeno due racconti: il primo è Bokushin no gogo (L'Après-midi d'un faune, 1989), incentrato sulla vita del ballerino Vaclav Fomič Nižinskij (1890-1950); il secondo è Burakku suwan (Black swan, 1994), sofferta narrazione della vita di Maria Tallchief (n.1925), prima ballerina del New York City Ballet e consorte, tra mille difficoltà e incomprensioni, del coreografo George Balanchine (1904-83).
Se già in questi due racconti è possibile rintracciare il nuovo stile della Yamagishi - essenziale nelle linee, austero e graffiante - con Maihime - Terepushikōra arriviamo a una totale estremizzazione di questa poetica: è il plot che deve dare corpo e sostanza al fumetto, tutto il resto (manierismi e cura del dettaglio compresi), passa in secondo piano. Uno stile che l’autrice continua a mantenere ancora oggi (si vedano i recenti Wiri e Kesaran pasaran), ma che risulta meno accattivante e curato, fin troppo minimale, soprattutto se paragonato alla raffinata eleganza di Hi izuru tokoro no tenshi (L’imperatore del paese del Sol levante, 1980-84). Nonostante il rigore estremo adottato per la composizione delle tavole, bisogna ammettere che ci si abitua presto al nuovo tratto della Yamagishi e il merito è tutto della storia.
Pubblicato al ritmo di 32 pagine al mese sulla rivista «Da Vinci», Maihime - Terepushikōra coniuga temi e modalità espressive di un qualunque shōjo manga, nel tentativo, però, di aprire nuove strade e rompere i legami con il canone classico del ballet manga. La protagonista, Shinohara Yuki, è una ragazzina come tante, frequenta il quinto anno delle elementari e non brilla certo per intelligenza. Ancora una volta il lettore è alle prese con la tipica heibonna shōjo, una “fanciulla qualunque” che nasconde un talento che tarda a manifestarsi. A differenza, però, di molte protagoniste di ballet manga, Yuki non nutre una reale passione per la danza, al contrario, accetta passivamente le lezioni pur di non deludere le aspettative della madre. Come se non bastasse, dietro di lei si nasconde l’ombra della sorella maggiore, Chika, ineccepibile e caparbia ballerina, bella quanto intelligente. Emergono due profili opposti, quello di una ragazza che danza per diventare un giorno prima ballerina e quello di una bambina che danza un po’ per il gusto di farlo, un po’ per compiacere la madre. Dopo un momento di sconforto che la porta ad abbandonare il ballo, Yuki ritrova l’entusiasmo grazie a Kumi, una ragazza dall’aspetto mascolino e sgradevole, ma incredibilmente dotata nella danza. Quest’ultima è senza dubbio il personaggio più accattivante della serie, talmente ben caratterizzato da rubare in più di un’occasione la scena alla protagonista. La Yamagishi compie l’errore di estrometterla all’improvviso dalla storia, quando invece per il lettore è il personaggio più carismatico e meno prevedibile: Kumi è il ritratto - a tinte forti e grottesche - di una ragazza che cerca un riscatto personale nella danza. In pratica, la protagonista ideale.
Ma cosa è cambiato dai tempi di Arabesuku? Innanzitutto, l’ambientazione. La storia ha come scenario il Giappone contemporaneo, non più la Russia o i palcoscenici di mezza Europa, e privilegia una narrazione tendente al realismo estremo. La Yamagishi sembra più interessata a raccontare il mondo della danza classica senza alcuna idealizzazione, evitando gli stereotipi, i sogni a occhi aperti e le edulcorate visioni a cui ci aveva abituato Uehara Kimiko (n.1946). Ne osserva invece il lato oscuro, attenta a mettere in luce gli aspetti più sgradevoli ma tristemente attuali. Non soltanto, quindi, gelosie e rivalità tra giovani étoiles, massacranti allenamenti e prove estenuanti, ma anche storie di giovani ragazze disposte a tutto pur di danzare, a vendere il proprio corpo per pagarsi le lezioni e le scarpette da punta, a sottoporsi a diete drastiche pur di perdere peso, a suicidarsi quando ogni sogno di successo è ormai vanificato. Come se non tutto ciò non bastasse, la Yamagishi rivolge il suo sguardo cinico alla società giapponese di oggi, alle famiglie anaffettive, alla violenza domestica, al suicidio, alla prostituzione giovanile e al bullismo.
Il successo della serie e i troppi interrogativi lasciati ancora senza una risposta, convincono la Yamagishi a riprendere in mano il manga e a regalare ai lettori una seconda serie dal titolo Maihime – Terepushikōra Dai ni bu (Tersicore, la musa della danza – Seconda parte), pubblicata sempre sulla stessa rivista dal 2007 al 2010. A sancirne definitivamente la popolarità, arriva nel 2007 anche un premio, il più prestigioso: l’ambito Manga taishō (Gran premio manga) agli annuali Tezuka Osamu Bunka-shō (Premio culturale Tezuka Osamu). Siamo quindi di fronte all'opera più importante della Yamagishi? Personalmente, non ne sono pienamente convinto. Nonostante lo reputi un manga incredibilmente affascinante, altamente emozionale in molte scene, crudo e spietato nella sua rappresentazione del mondo della danza classica, non riesco a nascondere qualche (piccola) perplessità a livello di struttura narrativa. Difficile raggiungere i livelli di Hi izuru tokoro no tenshi, certo, ma ogni confronto risulterebbe impari e fuorviante. Tutto considerato, Maihime conferma la straordinaria abilità della Yamagishi come narratrice ed esalta la sua eleganza, algida e impalpabile, come disegnatrice. Un discorso a parte, quindi, meriterebbe lo stile di disegno, sicuramente meno accattivante rispetto alle opere del passato, ma congeniale alla storia e capace di imprimere forza ed energia. Come per qualsiasi altro ballet manga che si rispetti, una particolare attenzione viene riservata invece alle scene di danza e alle pose aggraziate delle ballerine. Per rendersene conto, basta dare un’occhiata alle copertine dei volumi, tutte ispirate a famosi balletti classici: Il lago dei cigni, Le quattro stagioni, il Don Chisciotte. E poi, Lo schiaccianoci di Čajkovskij, vero leitmotiv e sottofondo musicale della serie.



5 commenti:

  1. Quanto mi ispira questo manga *__* PS: Hai visto sono approdata anche nel mondo dei blog XD

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  2. Tra una cosa e l'altra non sono ancora riuscito a scrivere la recensione di questo bel titolo della Yamagishi. Spero di riuscirci entro questa settimana..Hai un blog tutto tuo?

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  3. Si ce l'ho ma non è nulla di che...Mi diletto solo a scrivere cosa ne penso personalmente dei manga editi in Italia che scelgo di leggere

    http://blogcaroline85.blogspot.it/

    ecco il link :)

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  4. Grazie per la segnalazione, Caroline! Sono passato dal tuo blog e ho letto alcuni dei tuoi post. Che dire...mi piace! Domani recupero il tempo perduto e leggo anche i primi (mi incuriosisce quello sui Best Work della Miuchi!).

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  5. Lo voglio leggere in italiano :( sono sicura che mi piacerebbe molto^^

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