Titolo: Chie la mocciosa
Autore del manga: Haruki
Etsumi
A cura di: Paolo La Marca
Casa editrice: Hoepli
Numero di volumi: 1
Anno di pubblicazione: 2012
Tra le varie proposte
didattiche mirate all’apprendimento della lingua giapponese, si segnala la collana
della Hoepli dal titolo Piccoli discorsi
giapponesi [1]. Dalla
quarta di copertina si legge che l’intento è “di presentare, in chiave di
sussidio didattico, esempi significativi della letteratura moderna e contemporanea
giapponese nelle sue diverse forme ed espressioni, proposti in lingua
originale”. Nei volumi finora usciti, la scelta è ricaduta sul manga, da
intendersi come genere narrativo polivalente, apprezzabile non solo per le
intrinseche qualità letterarie e artistiche, ma anche per il valore, primario,
di puro intrattenimento.
Il volume in questione,
dal titolo Chie la mocciosa, è una
prima introduzione in lingua italiana al dialetto di Ōsaka (Ōsaka-ben), il più
rappresentativo dialetto dell’intera area del Kansai. Lontano dall’essere una
realtà isolata e circoscritta, il dialetto di Ōsaka è linfa vitale di spettacoli comici (i famosi manzai), nonché lingua prediletta di
alcuni scrittori: si pensi a Tanizaki Jun’ichirō (1886-1965) e ai suoi Manji
(La croce buddhista, 1928) e Sasameyuki
(Neve sottile, 1948) o alla scrittrice Kawakami Mieko (n.1976) e al suo Chichi to ran (Seni e uova, 2008). I
manga non sono da meno e l’esempio più significativo e pertinente è senza
dubbio questo Jarinko Chie (Chie la
mocciosa) di Haruki Etsumi (n.1947).
Prima di procedere a
un’analisi del volume, però, qualche informazione preliminare sul manga.
Autore: Haruki Etsumi
Anno di pubblicazione: 1978
Numero di volumi: 67
Edizione consultata: Action Comics
Editore: Futabasha
Le avventure della
pestifera Takemoto Chie iniziano nel numero del 10 ottobre del 1978 di «Weekly Manga Action»,
celebre rivista che ha ospitato, tra gli altri, Rupan sansei (Lupin III, 1967-69) di Monkey Punch (n.1937), Dōsei Jidai (L’epoca della
convivenza, 1972-73) di Kamimura Kazuo (1940-86) e Kozure Ookami (Lone wolf and cub, 1970-76) di Kojima Gōseki (1928-2000) e Koike Kazuo
(n.1936). Sin dal primissimo episodio, l’autore presenta i suoi personaggi
senza filtri e maschere, lontani da quell’insopportabile politicamente corretto
che troppo di frequente si ritrova in manga destinati al grande pubblico. La
storia si svolge in un piccolo quartiere popolare di Ōsaka dove Tetsu, il padre di Chie, gestisce un locale
specializzato in piatti a base di interiora (hormon). Non ci troviamo però di fronte a un nuovo gourmet manga, ma a un fumetto che offre
uno spaccato di vita cittadina con attori sopra le righe, veraci e sanguigni. Inutile
negarlo, l’anima di questo manga sono proprio loro, i personaggi: il padre
Tetsu, fannullone, bugiardo e attaccabrighe; la nonna, manesca e dispotica; il
nonno, bonaccione e credulone; il professore romantico e il gatto randagio Kotetsu.
All’interno di un cast ben assortito, emerge Chie, la protagonista indiscussa
di una serie a fumetti che ha tenuto alta
l’attenzione dei lettori per diciannove anni, dal 1978 al 1997. Oltre al
successo di pubblico, non sono mancati i riconoscimenti da parte della critica.
Nel 1981, infatti, il manga risulta vincitore della ventiseiesima edizione del
premio Shōgakukan (Shōgakukan manga-shō)
e vede accrescere la sua popolarità grazie alla produzione di due serie
televisive e di un film per il grande schermo diretto da Takahata Isao
(n.1936). Dove risiede la chiave del successo di questo manga? Indubbiamente
nel personaggio di Chie. La sua figura, infatti, potrebbe essere idealmente
inserita all’interno di una categoria di attori di carta (in genere bambini) nati
per raccogliere le simpatie di un pubblico trasversale, giovane e adulto. Si
pensi anche a Kureyon Shin-chan
(Crayon Shin-chan, 1990-2010) di Usui Yoshito (1958-2009) e Chibi Maruko-chan (La piccola
Maruko-chan, 1986-96) di Sakura Momoko (n.1965), due manga che condividono notevoli
somiglianze con Jarinko Chie. Sono
principalmente due le “affinità” tra queste serie e che, almeno per chi scrive,
sono alla base del loro successo:
- centralità del personaggio principale: fattore imprescindibile per la popolarità di siffatte serie è la caratterizzazione del personaggio principale, un bambino/a che osserva con sguardo cinico e irriverente il mondo degli adulti. Spesso e volentieri, si tratta di bambini schietti, subdoli, sottilmente perfidi, irrequieti, ma nonostante tutto, solari e vivaci. Shin-chan e Chie ne sono la rappresentazione più pertinente.
- ambientazione della storia: le avventure si svolgono per lo più in quartieri cittadini a misura d’uomo o nelle periferie di grandi centri urbani. Si preferisce una narrazione che stimoli la familiarità e la quotidianità con alcuni luoghi che, benché diversi dal proprio o puramente immaginati, corrispondono a quelli di un lettore medio. Ecco perché i vari episodi sono ambientati a casa del protagonista o dei suoi vicini e parenti, a scuola, al supermercato o al ristorante. Ricreare un ambiente cittadino circoscritto, accogliente e animato da strambi personaggi, può essere interpretato come la chiave di volta determinante per decretare il successo di una serie. In questo senso, Sazaesan (id., 1946-74) di Hasegawa Machiko (1920-92) ha fatto scuola.
Ma ritorniamo per un
attimo al tema di questo post, il volume della Hoepli. Di sicuro
non è il primo testo che utilizza il manga come strumento didattico (si vedano
i volumi di Wayne P. Lammers, Marc Bernabe, Thora Kerner, Maria Ferrer e David
Ramìrez), ma di sicuro è il primo che focalizza l’attenzione sul dialetto di Ōsaka. Dopo un’introduzione di carattere generico e qualche
informazione sull’autore del manga, il volume offre l’opportunità di leggere un
episodio (non integrale) della serie in cui i protagonisti improvvisano una lezione di cucina sulla preparazione dell’okonomiyaki. Perché la scelta è ricaduta
su questo episodio? In primo luogo perché l’okonomiyaki
è una delle espressioni culinarie più genuine di Ōsaka, in secondo luogo perché sono presenti in gran numero molti
dei principali bunkei, le regole
grammaticali e le espressioni linguistiche tipiche del dialetto. La selezione
di tavole svela i segreti della ricetta (dagli ingredienti fino ai piccoli accorgimenti
nella preparazione) e regala un assaggio dello spirito irriverente e sfacciato
del manga. La parte centrale del volume, quella più corposa, si addentra in una
minuziosa spiegazione a livello grammaticale dei vari bunkei, con annessa comparazione tra le forme del giapponese
standard o hyōjungo e le
corrispettive forme dialettali. Per offrire un quadro più completo, inoltre, la
parte finale del volume raccoglie altre regole grammaticali spiegate attraverso
l’utilizzo di ulteriori vignette. Infine, per riuscire a ottenere familiarità
con l’intonazione e le sonorità del dialetto, un CD offre la possibilità di
ascoltare l’intero glossario e i principali dialoghi tratti dell’episodio che
apre il volume. Un modo costruttivo e al tempo stesso ludico per apprendere i
segreti del dialetto di Ōsaka.
[1] Fanno parte della stessa
collana i volumi:
- Non farò sogni effimeri a cura di Luca Milasi, con tavole tratte dal manga Asaki yumemishi di Yamato Waki;
- Parole tra le nuove a cura di Marco Simeone, con tavole tratte da Psyren, 20th Century Boys e Eyeshield
21;
- Manga e cravatta a cura di Stefano Romagnoli, con episodi tratti dalle serie dedicate al personaggio di Shima Kōsaku, il salary man ideato da Hirokane Kenshi.


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