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lunedì 9 luglio 2012

# Pubblicazioni: Chie la mocciosa


Titolo: Chie la mocciosa
Autore del manga: Haruki Etsumi
A cura di: Paolo La Marca
Casa editrice: Hoepli
Numero di volumi: 1
Anno di pubblicazione: 2012

Tra le varie proposte didattiche mirate all’apprendimento della lingua giapponese, si segnala la collana della Hoepli dal titolo Piccoli discorsi giapponesi [1]. Dalla quarta di copertina si legge che l’intento è “di presentare, in chiave di sussidio didattico, esempi significativi della letteratura moderna e contemporanea giapponese nelle sue diverse forme ed espressioni, proposti in lingua originale”. Nei volumi finora usciti, la scelta è ricaduta sul manga, da intendersi come genere narrativo polivalente, apprezzabile non solo per le intrinseche qualità letterarie e artistiche, ma anche per il valore, primario, di puro intrattenimento.
Il volume in questione, dal titolo Chie la mocciosa, è una prima introduzione in lingua italiana al dialetto di Ōsaka (Ōsaka-ben), il più rappresentativo dialetto dell’intera area del Kansai. Lontano dall’essere una realtà isolata e circoscritta, il dialetto di Ōsaka è linfa vitale di spettacoli comici (i famosi manzai), nonché lingua prediletta di alcuni scrittori: si pensi a Tanizaki Jun’ichirō (1886-1965) e ai suoi Manji (La croce buddhista, 1928) e Sasameyuki (Neve sottile, 1948) o alla scrittrice Kawakami Mieko (n.1976) e al suo Chichi to ran (Seni e uova, 2008). I manga non sono da meno e l’esempio più significativo e pertinente è senza dubbio questo Jarinko Chie (Chie la mocciosa) di Haruki Etsumi (n.1947).
Prima di procedere a un’analisi del volume, però, qualche informazione preliminare sul manga.


Autore: Haruki Etsumi
Anno di pubblicazione: 1978
Numero di volumi: 67
Edizione consultata: Action Comics
Editore: Futabasha

Le avventure della pestifera Takemoto Chie iniziano nel numero del 10 ottobre del 1978 di «Weekly Manga Action», celebre rivista che ha ospitato, tra gli altri, Rupan sansei (Lupin III, 1967-69) di Monkey Punch (n.1937), Dōsei Jidai (L’epoca della convivenza, 1972-73) di Kamimura Kazuo (1940-86) e Kozure Ookami (Lone wolf and cub, 1970-76) di Kojima Gōseki (1928-2000) e Koike Kazuo (n.1936). Sin dal primissimo episodio, l’autore presenta i suoi personaggi senza filtri e maschere, lontani da quell’insopportabile politicamente corretto che troppo di frequente si ritrova in manga destinati al grande pubblico. La storia si svolge in un piccolo quartiere popolare di Ōsaka dove Tetsu, il padre di Chie, gestisce un locale specializzato in piatti a base di interiora (hormon). Non ci troviamo però di fronte a un nuovo gourmet manga, ma a un fumetto che offre uno spaccato di vita cittadina con attori sopra le righe, veraci e sanguigni. Inutile negarlo, l’anima di questo manga sono proprio loro, i personaggi: il padre Tetsu, fannullone, bugiardo e attaccabrighe; la nonna, manesca e dispotica; il nonno, bonaccione e credulone; il professore romantico e il gatto randagio Kotetsu. All’interno di un cast ben assortito, emerge Chie, la protagonista indiscussa di una serie a fumetti che ha tenuto alta l’attenzione dei lettori per diciannove anni, dal 1978 al 1997. Oltre al successo di pubblico, non sono mancati i riconoscimenti da parte della critica. Nel 1981, infatti, il manga risulta vincitore della ventiseiesima edizione del premio Shōgakukan (Shōgakukan manga-shō) e vede accrescere la sua popolarità grazie alla produzione di due serie televisive e di un film per il grande schermo diretto da Takahata Isao (n.1936). Dove risiede la chiave del successo di questo manga? Indubbiamente nel personaggio di Chie. La sua figura, infatti, potrebbe essere idealmente inserita all’interno di una categoria di attori di carta (in genere bambini) nati per raccogliere le simpatie di un pubblico trasversale, giovane e adulto. Si pensi anche a Kureyon Shin-chan (Crayon Shin-chan, 1990-2010) di Usui Yoshito (1958-2009) e Chibi Maruko-chan (La piccola Maruko-chan, 1986-96) di Sakura Momoko (n.1965), due manga che condividono notevoli somiglianze con Jarinko Chie. Sono principalmente due le “affinità” tra queste serie e che, almeno per chi scrive, sono alla base del loro successo:
  1. centralità del personaggio principale: fattore imprescindibile per la popolarità di siffatte serie è la caratterizzazione del personaggio principale, un bambino/a che osserva con sguardo cinico e irriverente il mondo degli adulti. Spesso e volentieri, si tratta di bambini schietti, subdoli, sottilmente perfidi, irrequieti, ma nonostante tutto, solari e vivaci. Shin-chan e Chie ne sono la rappresentazione più pertinente.
  2. ambientazione della storia: le avventure si svolgono per lo più in quartieri cittadini a misura d’uomo o nelle periferie di grandi centri urbani. Si preferisce una narrazione che stimoli la familiarità e la quotidianità con alcuni luoghi che, benché diversi dal proprio o puramente immaginati, corrispondono a quelli di un lettore medio. Ecco perché i vari episodi sono ambientati a casa del protagonista o dei suoi vicini e parenti, a scuola, al supermercato o al ristorante. Ricreare un ambiente cittadino circoscritto, accogliente e animato da strambi personaggi, può essere interpretato come la chiave di volta determinante per decretare il successo di una serie. In questo senso, Sazaesan (id., 1946-74) di Hasegawa Machiko (1920-92) ha fatto scuola.
Ma ritorniamo per un attimo al tema di questo post, il volume della Hoepli. Di sicuro non è il primo testo che utilizza il manga come strumento didattico (si vedano i volumi di Wayne P. Lammers, Marc Bernabe, Thora Kerner, Maria Ferrer e David Ramìrez), ma di sicuro è il primo che focalizza l’attenzione sul dialetto di Ōsaka. Dopo un’introduzione di carattere generico e qualche informazione sull’autore del manga, il volume offre l’opportunità di leggere un episodio (non integrale) della serie in cui i protagonisti improvvisano una lezione di cucina sulla preparazione dell’okonomiyaki. Perché la scelta è ricaduta su questo episodio? In primo luogo perché l’okonomiyaki è una delle espressioni culinarie più genuine di Ōsaka, in secondo luogo perché sono presenti in gran numero molti dei principali bunkei, le regole grammaticali e le espressioni linguistiche tipiche del dialetto. La selezione di tavole svela i segreti della ricetta (dagli ingredienti fino ai piccoli accorgimenti nella preparazione) e regala un assaggio dello spirito irriverente e sfacciato del manga. La parte centrale del volume, quella più corposa, si addentra in una minuziosa spiegazione a livello grammaticale dei vari bunkei, con annessa comparazione tra le forme del giapponese standard o hyōjungo e le corrispettive forme dialettali. Per offrire un quadro più completo, inoltre, la parte finale del volume raccoglie altre regole grammaticali spiegate attraverso l’utilizzo di ulteriori vignette. Infine, per riuscire a ottenere familiarità con l’intonazione e le sonorità del dialetto, un CD offre la possibilità di ascoltare l’intero glossario e i principali dialoghi tratti dell’episodio che apre il volume. Un modo costruttivo e al tempo stesso ludico per apprendere i segreti del dialetto di Ōsaka.


[1] Fanno parte della stessa collana i volumi:
-        Non farò sogni effimeri a cura di Luca Milasi, con tavole tratte dal manga Asaki yumemishi di Yamato Waki;
-        Parole tra le nuove a cura di Marco Simeone, con tavole tratte da Psyren, 20th Century Boys e Eyeshield 21;
-      Manga e cravatta a cura di Stefano Romagnoli, con episodi tratti dalle serie dedicate al personaggio di Shima Kōsaku, il salary man ideato da Hirokane Kenshi.


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