Autore: Umezu Kazuo
Anno di pubblicazione: 1969
Numero di volumi: 4
Edizione consultata: Akita Bunko
Editore: Akita Shoten
“Ero un bambino che non faceva troppi sogni. E se di tanto in tanto ne facevo qualcuno, mi limitavo a sognare cose insignificanti come volare in un cielo soffice o mangiare da solo fino allo svenimento un pasto succulento. (…) Eppure quando iniziai a leggere i lavori di un certo mangaka, gli incubi entrarono a far parte della mia vita. Inutile dire che quel mangaka era Umezu Kazuo” .
Le parole dello scrittore Ōoka Akira (n.1958) ci permettono di delineare il profilo di un autore straordinariamente noto in patria (quanto sconosciuto all’estero) che ha contribuito a dare una solida struttura al genere horror. Senza dimenticare un altro nome importante come Tsunoda Jirō (n.1936), Umezu Kazuo (n.1936) è stato a tutti gli effetti il fautore della nascita di un boom dei manga a tematica horror che ha coinvolto sia un pubblico maschile che femminile. E lo ha fatto con il suo inconfondibile stile, con un disegno che rifiuta ogni inutile manierismo e con tavole che si adagiano su una costruzione tanto semplice quanto efficace, con immagini a pagina intera o con una suddivisione in tante piccole vignette. Così come ha puntato per una semplicità del tratto - immediato ed efficace nella sua povertà, espressivo e inquietante - lo stesso ha fatto anche per le sue storie: per attirare l’attenzione del pubblico, infatti, ha fatto leva sulle classiche paure, sui traumi che proprio in virtù della loro fattibilità incutono timore e angoscia. Ogni sua storia potrebbe accadere ovunque, nella casa a fianco, al parco sotto casa: ed è proprio l’apparente normalità del quotidiano a fornire a Umezu la chiave per interpretare e raccontare le peggiori paure dei bambini e degli adolescenti. Questo perché molti dei protagonisti dei suoi manga sono bambini messi alla prova di fronte a una terribile verità o vittime di una società in cui l’uomo adulto (figure genitoriali comprese) nasconde segreti e istinti omicidi.
Anche l’omonima protagonista di Orochi – un manga pubblicato su Shūkan Shōnen Sandē dal 1969 al 1970 – è una misteriosa ragazza immortale dotata di particolari poteri. Si muove in completa solitudine, sospinta da un’improvvisa raffica di vento. Il suo ruolo all’interno del manga, però, è quasi del tutto secondario: Orochi, infatti, si limita a osservare l’umanità che la circonda e quando sente un particolare interesse verso qualcuno, lo segue ed entra nella sua vita di soppiatto, spiandolo da lontano. Il manga si compone di nove storie del tutto scollegate le une con le altre, ma unite dalla presenza di Orochi, spettatrice come il lettore, ma alle volte anche parte attiva quando la situazione lo richiede. E’ interessante notare come la serie si apra e si chiuda con due storie incentrate su due sorelle (Shimai e Chi), forse le più riuscite accanto a Hone e Sentō. I temi e i personaggi che affiorano sono molteplici, ma allo stesso tempo familiari per i lettori di Umezu. Analizziamo brevemente le storie:
- Shimai (Sorelle): due sorelle sono terrorizzate dalla perdita della loro bellezza a causa di una maledizione che colpisce le donne della loro famiglia. Raggiunti i diciotto anni, si trasformano inevitabilmente in esseri mostruosi e ripugnanti;
- Sutēji (Palcoscenico): Yūichi è un bambino che assiste alla morte del padre investito da un auto. Nessuno crede alle sue parole nonostante abbia riconosciuto il volto del pirata della strada. Così decide di farsi giustizia da solo, ideando un piano di vendetta che si consuma lento nel tempo;
- Kagi (La chiave): Hiroyuki è conosciuto da tutti come “il bugiardo”. Nessuno crede alle sue parole anche quando assiste all’infanticidio commesso dalla vicina di casa;
- Furusato (Paese natio): un giovane yakuza ritorna al paese natio dopo un’operazione al cervello. Anche se apparentemente tutto sembra rimasto tale e quale, nell’ombra si muove una squadra di bambini violenti capitanati da un ragazzino capace di manipolare le menti;
- Hone (Ossa): una donna affranta dalla morte del marito, rimane pietrificata quando inspiegabilmente l’uomo ritorna dal regno dei morti in cerca di vendetta;
- Shūsai (Una persona intelligente): una madre costringe il proprio figlio a studiare e a reprimere le proprie passioni pur di raggiungere e superare i livelli del padre;
- Me (Occhi): una ragazza cieca viene perseguitata da un assassino poiché unica testimone di un omicidio. Di lui sembra conoscere tutto: altezza, odore e nome;
- Sentō (Battaglia): un bambino ammira il proprio padre, lodato da tutti per la sua integrità e gentilezza. Un giorno, però, ne scopre il passato e finisce per odiarlo a causa delle barbarie che aveva compiuto in guerra;
- Chi (Sangue): una sorella minore in perenne competizione con la maggiore sin dall’infanzia. Raffronti, invidie, gelosie e perbenismi che esplodono in una resa finale dei conti.
Come al solito, Umezu Kazuo confeziona delle storie con un interessante intreccio narrativo dal ritmo serrato e coinvolgente. Sicuramente meno splatter e inquietanti di altre serie più famose come Senrei (Battesimo, 1974-76) e Kami no hidarite Akuma no migite (La mano sinistra di Dio, la mano destra del Diavolo, 1986-89), le storie che compongono Orochi hanno un’impostazione narrativa simile che si basa su un escamotage piuttosto ingegnoso: l’autore, infatti, fornisce al lettore alcune informazioni che sembrano inappuntabili e corrette, ma che non sono altro che una ulteriore versione plausibile, ma non veritiera, dei fatti. Il lettore, quindi, le acquisisce inconsapevolmente e se ne convince man mano che procede con la lettura. Poi, tutte queste certezze si annullano con un improvviso coup de théâtre che capovolge le carte in tavola svelando ogni cosa e vanificando il processo mentale del lettore. Come a dimostrare che nessuno è come appare e che anche dietro un gesto premuroso o uno sguardo dolce si può nascondere un animo diabolico.


Nessun commento:
Posta un commento