Autore: Nagai Gō
Anno di pubblicazione: 1974
Numero di volumi: 5
Edizione consultata: Jump Comics
Editore: Shūeisha
Accompagnata da un motivetto che recita “Anche se nessuno sa chi sia e da dove venga, tutti ne conoscono il corpo!”, ecco che compare sulla scena del fumetto giapponese una nuova eroina sexy ideata dalla fertile immaginazione di Nagai Gō (n.1945). Il suo nome è Kekkō Kamen, la paladina degli studenti dell’istituto Sparta, una scuola esclusiva agognata da milioni di genitori. Ma cosa spinge un genitore a separarsi dal proprio figlio e recidere ogni legame fino al giorno del diploma? Il motivo è molto semplice: il preside, Unghia del piede di Satana, e i docenti garantiscono il superamento degli esami d’ammissione in tutte le più prestigiose università del paese. Ma come si evince dal nome, l’Istituto Sparta ha dei metodi di insegnamento basati sulla violenza, sulla paura e sulla repressione delle coscienze individuali. Insomma, ogni sistema è lecito se serve a mantenere alto il prestigio e l’onore dell’Istituto. Come se non bastasse, gran parte del corpo docente (preside voyeur incluso) prova piacere nell’umiliare le proprie studentesse (Takahashi Mayumi su tutte), nello spogliarle sotto lo sguardo attonito (e compiaciuto) dei compagni maschi, nell’usare loro violenza. Incapace di assistere a questi continui abusi, scende in campo una giustiziera che combatte nuda, ma con un paio di guanti, stivali e una maschera rossa: è Kekkō Kamen.
Qualche considerazione. La struttura narrativa si mantiene identica per tutti i trenta capitoli (una studentessa si trova in pericolo, arriva Kekkō Kamen che sconfigge l’avversario di turno e la salva): interessante espediente all’inizio, ma decisamente prevedibile lungo tutto il corso della serie. Nel tentativo di evitare il reiterarsi ciclico dello stesso pattern, Nagai inserisce in ciascun episodio parodie di celebri manga creati dai suoi colleghi (e ai quali chiede puntualmente scusa quando Kekkō Kamen sconfigge le loro rispettive creature): ritroviamo Tetsujin 28 gō (Uomo d’acciaio n.28, 1956-66) di Yokoyama Mitsuteru (1934-2004), Kyojin no hoshi (La stella dei Giants, 1966-71) di Kajiwara Ikki (1936-87) e Kawasaki Noboru (n.1941), Ribon no kishi (Il cavaliere col fiocco, vers. Shōjo kurabu, 1953-56) e Tetsuwan Atomu (Atom, braccio d’acciaio, 1952-68) di Tezuka Osamu (1928-89), Watari (id., 1965-69) di Shirato Sanpei (n.1932) o Saibōgu 009 (Cyborg 009, 1964-1985) di Ishinomori Shōtarō (1938-98). Ma la citazione più evidente è nel titolo, un gioco di omofonie con Gekkō Kamen (La maschera del Chiaro di Luna), famosa serie televisiva del 1958 incentrata sulle gesta di un supereroe e basata su un soggetto di Kawauchi Kōan (1920-2008). In altre parole, Nagai non ha fatto altro che sfruttare la popolarità di altre serie per rendere avvincente un plot fin troppo classico nella sua struttura generale, col preciso intento di far ridere il lettore, di coinvolgerlo attraverso una girandola di parodie e scenette dissacranti. Come nella migliore tradizione dello shōnen manga, quindi, tutti gli avversari che il preside ingaggia per fronteggiare Kekkō Kamen verranno sconfitti dai suoi nunchaku o dalle sue mosse “indecenti”. Ed è proprio in momenti come questi che Nagai si diverte a disegnare nudità sfrontatamente esibite, occhi che fuoriescono dalle orbite, sangue che spruzza copioso dal naso, improvvisi svenimenti. Ma chi si nasconde dietro la maschera della giustiziera? Nagai tiene i lettori col fiato sospeso fino all’ultimo e decisivo episodio.
Pubblicato originariamente come racconto autoconclusivo (yomikiri), Kekkō Kamen suscita le simpatie dei lettori a tal punto che vengono richiesti all'autore altri tre episodi prima di dar via alla serie regolare che proseguirà sulle pagine di Shōnen Jump fino al 1978. Che il manga non fosse progettato per una lunga serializzazione, lo si intuisce da alcuni dialoghi dei primissimi episodi. Ovviamente, i timori che questa serie potesse essere interrotta erano tanti e bastava soltanto leggere il nome dell’autore per rendersi conto che il rischio c’era. Reduce dalle proteste del PTA (Parent-Teacher Association) e del Provveditorato agli Studi per i contenuti del suo Harenchi Gakuen (Scuola senza pudore, 1968-72) - ma anche per la violenza del suo Debiruman (Devilman, 1972-73) e per gli ammiccamenti di un’altra sua eroina Kyūtī Hanī (Cutey Honey, 1973) - il solo nome di Nagai invitava alla prudenza. Non a caso, i primi episodi sembra avessero come scopo quello di sondare il terreno, di notare le reazioni che avrebbe suscitato l’ennesimo ecchi manga di un autore estremamente popolare. Per i fan di Nagai, Kekkō Kamen rimane una lettura obbligata, un nuovo personaggio di una sterminata produzione che ha dato i suoi maggiori frutti proprio in quegli anni; per chi è a digiuno delle opere del maestro, questo manga potrebbe rappresentare un buon inizio (divertente ma non troppo memorabile); per chi, invece, legge di tanto in tanto le sue opere, ritroverà ancora una volta gli stessi ingredienti (nudità, violenza, attacchi al sistema scolastico giapponese) con un arrangiamento leggermente diverso, ma tutto sommato godibile.

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