Pagine

giovedì 29 settembre 2011

"Aoi ie" di Tsukumo Mutsumi

Autore: Tsukumo Mutsumi
Anno di pubblicazione: 1985
Numero di volumi: 1
Edizione consultata: YOU Comics
Editore: Shūeisha

Il nome di Tsukumo Mutsumi (n.1952) si lega, spesso e volentieri, a opere dai temi spinosi e dai risvolti decisamente pruriginosi. Non a caso, Akai ito no densetsu (La leggenda del filo rosso del destino, 1975) è un manga che, pur rivolgendosi a un pubblico di adolescenti, racconta senza reticenze il suicidio di una ragazza ingravidata da un professore e il rapporto incestuoso tra un fratello e una sorella. Ovviamente, anche questo Aoi ie (La casa blu) non fa eccezione. Ma la differenza sostanziale tra Akai ito no densetsu e Aoi ie è da ricercarsi nel pubblico: il primo si rivolge apertamente a studentesse delle medie e del liceo, il secondo, invece, a un pubblico di office lady, di donne alle prese con la vita quotidiana, con i problemi legati alla sfera familiare e lavorativa.
Sono due le storie che compongono questo volume (La casa blu e Scarpette di vetro), entrambe pubblicate sulla rivista YOU (rispettivamente nel 1985 e nel 1986) ed entrambe incentrate sulla figura di due donne a cui il matrimonio ha regalato solo lacrime e sofferenze. In La casa blu, la protagonista è Eriko: sposata con un uomo che passa più tempo al lavoro che non sotto il tetto coniugale, la donna trova finalmente una ragione di vita con la nascita del primo figlio Tatsuhiko sul quale riversa incondizionatamente tutto il suo amore. Un amore morboso, a tratti possessivo e che diventa sempre più forte quando il ragazzo inizia a manifestare interesse nei confronti dell’altro sesso. Il racconto è suddiviso in due parti: nella prima si assiste alla nascita del rapporto incestuoso tra madre e figlio, nella seconda, invece, al dramma che nasce in seguito al matrimonio di Tatsuhiko e alla sua imminente paternità, con tutti i traumi legati al passato che tornano a galla. Scarpette di vetro, invece, narra la storia di Mariko, una segreteria d’azienda con alle spalle un divorzio causato dal suo rifiuto di maternità e dal desiderio di realizzarsi in ambito professionale. Dopo il divorzio, la donna si lega sentimentalmente con Hiroshi, un ragazzo più giovane di dieci anni che lei  mantiene economicamente. Ma anche in questo caso, la felicità è soltanto un velo transitorio che nasconde la tristezza che alberga nel suo cuore.
Le due storie hanno diversi elementi comuni che possiamo così sintetizzare:
    le protagoniste hanno alle spalle un disastroso rapporto con il marito;
    i protagonisti maschili (il figlio della donna nel primo racconto e lo studente universitario mantenuto da Mariko nella seconda) soffrono di mother complex, tipico complesso edipico nei confronti della figura materna;
    le scene di sesso abbondano;
    si concludono entrambe con un ferimento e un ricovero in ospedale.
Inoltre, tutte e due le storie hanno diverse pecche a livello di sceneggiatura, troppo debole e artefatta. In particolare La casa blu sembra sia stato scritto soltanto per scioccare e compiacere un lettore in cerca di morbosità. Scarpette di vetro, poi, nonostante faccia riferimento alla favola di Cenerentola, al principe azzurro e al cavallo bianco, ha forse solo il pregio di proporre il ritratto di un’eroina moderna la cui felicità non deve necessariamente concretizzarsi con un rapporto sentimentale da favola.
Ecco perché questo volume, come molti altri ladies comics degli anni Ottanta, andrebbe letto non tanto per le qualità narrative e artistiche, quanto per il valore sociale, come primo step per la raffigurazione di un cambiamento della figura femminile all’interno della società giapponese: donne che non si realizzano nel matrimonio ma nel lavoro e che vedono il sesso non come un mezzo per generare figli, ma per appagare desideri carnali. In pratica, donne che si affrancano dal modello tradizionale di madre e moglie e che ricercano nel lavoro una propria emancipazione e indipendenza economica. Fattore aggiunto, poi, il sesso che, come ben sanno i lettori di Morizono Milk (n.1957), tanto più è proibito tanto più serve a infrangere tabù e ruoli sociali. Una tendenza comune, peraltro, anche alla narrativa femminile di quegli anni e che è ben rappresentata da Yellow Cab (1991), celebre romanzo di Ieda Shōko (n.1958) incentrato sulle avventure sessuali di una giapponese a New York in cerca di compagni afro-americani. I ladies comics di quel decennio mostrano pressappoco gli stessi scenari narrativi (matrimoni disastrati, avventure extraconiugali, stupri, violenze domestiche..), come per altro avvertiamo anche in questo volume della Tsukumo: uno scenario di solitudine e desolazione condito da dialoghi melensi sullo stile dei romanzi rosa della Harlequin. Dopotutto, il pubblico era lo stesso.

Nessun commento:

Posta un commento