Autore: Yamagishi Ryōko
Anno di prima pubblicazione:
2007
Numero di volumi: 5
Edizione consultata: Da
Vinci Comics
Editore: Media Factory
Nel 2006, Yamagishi Ryōko
(n.1947) metteva la parola fine a una saga a fumetti destinata, nel bene e nel
male, a segnare uno spartiacque nel genere del ballet manga. L’opera in questione era Maihime - Terepushikōra (Tersicore, la musa della danza,
2000-06), un manga che all’apparenza raccontava la classica storia di crescita
e formazione di un’aspirante ballerina, ma che in profondità offriva un quadro
spiazzante e a tinte crude del mondo del balletto classico, tra abusi,
vessazioni, disturbi alimentari e suicidi. Insomma, un dietro le quinte
allucinato e inquietante, ma così ben strutturato da convincere la giuria
dell’undicesima edizione del Tezuka Osamu
Bunka-shō (Premio Culturale Tezuka Osamu) ad assegnare alla Yamagishi
l’ambito primo premio (il Manga taishō).
Nonostante il manga fosse ormai concluso, i nodi da sciogliere erano ancora
tanti, così come gli interrogativi e le possibilità narrative che si erano
aperte dopo lo scioccante finale. Ecco perché, forse per accontentare i lettori
o per sfruttare la popolarità scaturita dal premio Tezuka, nel 2007 la
Yamagishi si rimetteva subito al lavoro per una seconda serie, Maihime – Terepushikōra: Dai ni bu (Tersicore,
la musa della danza: Seconda parte; 2007-10), pubblicata sempre sulle pagine
della rivista «Da Vinci». Per la
seconda volta, Yamagishi Ryōko era alle prese con un sequel, un po’ come ai
tempi di Arabesuku (Arabesque), una
tra le sue serie più conosciute e apprezzate, pubblicata prima su «Ribon» (1971-73) e poi su «Hana to yume» (1974-75). A conti fatti, Maihime andrebbe considerata come la
versione speculare e moderna di Arabesque.
Trama
Sulla carta, la
protagonista è sempre lei, Shinohara Yuki, ormai non più una bambina, ma una
sedicenne al suo primo anno di liceo. La ritroviamo all’aeroporto
internazionale di Narita, in partenza per Lausanne (Losanna) con Akane: entrambe
sono state selezionate in rappresentanza della loro scuola al famoso Prix de
Lausanne, una manifestazione internazionale alla quale sono chiamati a
partecipare i migliori ballerini di età compresa tra i quindici e i diciotto
anni. Tra imprevisti vari (nevicate improvvise e malanni di stagione), le due
arrivano a Lausanne e subito si ritrovano assorbite da lezioni, seminari e test
di valutazione, fino alle selezioni per accedere alla semifinale e alla finale.
La Yamagishi segue passo dopo passo questo iter, presentando e mettendo in luce
pregi e difetti delle altre aspiranti ballerine. Come accadeva nella prima
serie, però, il personaggio di Yuki viene quasi messo da parte in favore di un’antagonista:
non più Kumi o la sorella Chika, ma l’enigmatica Lola Chan, una ragazza
cino-americana il cui talento viene paragonato a quello di Sylvie Guillem (n.1965).
Nessuno riesce a fare amicizia con Lola che, tra l’altro, non parla né il
cinese né l’americano. Questo alone di mistero non fa che alimentare in Yuki il
tarlo del sospetto: e se Lola fosse in realtà Kumi? E’ mai possibile che quella
ragazzina dai lineamenti mascolini e poco aggraziati si fosse trasformata in un
bel cigno? E’ tutto merito della chirurgia plastica o è soltanto il frutto
della sua fervida immaginazione? Tra un dubbio e l’altro, Yuki si ammala ed è costretta
ad abbandonare la competizione. E’ ormai giunto per lei il momento di appendere
le scarpette al chiodo?
Considerazioni
La seconda serie di Maihime non si rivela essere, ahimè,
all’altezza della prima. Gli elementi che ne costituiscono l’affabulazione sono
pressappoco gli stessi, ma la narrazione è priva di mordente e di entusiasmo.
Intendiamoci, la storia si legge sempre con piacere, ma in più parti si
avvertono cadute di tono e sensazioni di déjà vu con la prima serie. Ancora una
volta, poi, la protagonista Yuki diventa, al pari del lettore, una spettatrice
anonima che osserva gli avvenimenti e ne commenta lo svolgimento. A rubarle questa
volta la scena è Lola Chan, la sua bravura e il mistero sulla sua identità.
Come spesso accade nei manga a tematica sportiva, poi, l’amore non trova spazio nel cuore di Yuki, soltanto qualche batticuore, qualche infatuazione, ma nulla di più. A un certo punto della storia, è la stessa Yuki a rendersene conto quando afferma:
Come spesso accade nei manga a tematica sportiva, poi, l’amore non trova spazio nel cuore di Yuki, soltanto qualche batticuore, qualche infatuazione, ma nulla di più. A un certo punto della storia, è la stessa Yuki a rendersene conto quando afferma:
“Non sono insensibile ai miei coetanei maschi. Come me, però, tutte le
giovani ballerine hanno poca dimestichezza con questo genere di cose. E il
motivo è semplice. Dalla mattina alla sera siamo sempre impegnate con le lezioni e non abbiamo il
tempo per frequentare un ragazzo: ne stringiamo la mano soltanto quando
eseguiamo un pas de deux”. (Immagine
1).
Il manga, di per sé,
sembra non volersi svincolare dall’etichetta di lettura autoreferenziale,
scritta da un’appassionata di balletto e rivolta a un pubblico
altrettanto appassionato. In alcuni momenti, si ha come l’impressione di
leggere un manuale che racconti, per filo e per segno, le giornate e le prove a
cui sono sottoposti tutti i partecipanti al concorso. Non è un caso che il Prix
de Lausanne sia molto conosciuto e tenuto in alta considerazione in Giappone:
la lista dei vincitori nelle varie categorie ha annoverato negli anni molti
ballerini giapponesi e la risonanza del concorso è tale da aver convinto la
rete nazionale nipponica, la NHK, a trasmettere in diretta la finale. Nel manga
della Yamagishi si troveranno non solo curiosità e retroscena di questo
concorso tanto popolare, ma anche riferimenti alla città di Lausanne e ai suoi
luoghi più rappresentativi (il teatro di Beaulieu, la pasticceria Blondel,
etc.). Insomma, un spot turistico e culturale ben architettato.
Passando allo stile di
disegno, è evidente il contrasto con quello accurato ed elegante delle
precedenti opere della Yamagishi, ma nella sua semplicità estrema riesce a
rendere al meglio le emozioni dei personaggi, soprattutto quando sono
sopraffatti dallo sconforto e dalla disperazione (Immagine 2).
Di sfondi neanche l’ombra
e, come se non bastasse, è palese la presenza di qualche assistente nella
realizzazione dei personaggi secondari. Niente di nuovo, quindi: tutto è esattamente come nella prima serie. O
quasi. Si denota, infatti, una cura minore nella composizione delle tavole e si
sente la mancanza di quella “sobria eleganza” che emergeva nelle lunghe scene
di ballo. Se da un lato affiora questo rigore estremo nella parte grafica, dall’altro
non si può negare la profondità delle psicologie dei personaggi e il carisma di
alcuni (Lola Chan in primis). Nonostante il finale accontenti un po’ tutti, la
Yamagishi si congeda con nuovi interrogativi che, se sviluppati nei migliore
dei modi, potrebbero portare alla realizzazione di una terza e ben più
intrigante serie. Noi lettori, quindi, non possiamo far altro che aspettare
fiduciosi. La seconda serie, intanto, supera l’esame senza però ottenere il
massimo dei voti.



Quindi non ti ha convinto appieno...Che dire, sicuramente la prima serie è molto piu' interessante, per molti punti di vista. Resta indubbio il talento di questa professionista, cosi' attenta e scrupolosa...è una delle mie mangaka preferite ;)
RispondiEliminaRispetto alla prima parte, ho trovato meno convincente questa seconda serie, un po' sottotono. La Yamagishi era andata personalmente a Lausanne per assistere alla competizione ed è forse per questo motivo che il manga ha più l'aria di un "reportage". Però, il desiderio di sapere come andrà a finire la storia ha la meglio su tutto...;-)
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