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lunedì 25 novembre 2013

"Garasu no shiro no kiroku" di Tezuka Osamu


Autore: Tezuka Osamu
Anno di prima pubblicazione: 1970
Numero di volumi: 1
Edizione consultata: Tezuka Osamu Manga Zenshū (n.322)
Editore: Kōdansha

Il 9 febbraio del 1989, Tezuka Osamu (1928-89) si accommiatava dai suoi lettori lasciando incomplete tre opere: Neo Faust (1988-89), Ludwig B (1987-89) e Gringo (1987-89). Se diamo però un’occhiata al catalogo completo delle sue opere, ne troveremo altre abbandonate al loro destino, vuoi per decisione dello stesso Tezuka, vuoi per travagliati motivi editoriali. In quest’ultimo gruppo, rientra anche Garasu no shiro no kiroku (Le cronache del castello di vetro), pubblicato originariamente su «Gendai Comikku» nel 1970 (dal 22 gennaio al 23 aprile) e poi su «COM» dal 1972 al 1973: in entrambi i casi, la pubblicazione del fumetto era stata sospesa a causa del fallimento delle riviste. Scoraggiato forse per l’ennesima interruzione, Tezuka si era così deciso a non dare un finale a Garasu no shiro no kiroku.
Trama
Ambientato in un ipotetico e futuristico 1992, il manga racconta i segreti che ruotano attorno all’enigmatico “palazzo di vetro”. Costruito in cima a una collina, in un luogo desolato e impenetrabile, il palazzo ospita al suo interno i corpi ibernati dei membri della famiglia Fudanuki. Già nei primi anni Settanta, i progressi scientifici avevano portato alla creazione di alcune “bare del sonno”, all’interno delle quali era possibile "congelare" temporaneamente l’esistenza di un essere umano. Nel tentativo di trarre ingenti profitti dall’allungamento della propria vita e da quella dei propri congiunti, il capostipite Reizō costringe tutti i suoi familiari a un sonno ventennale. Quando si scopre, però, la pericolosità di queste macchine e gli effetti irreversibili sulle psiche e sul sistema cerebrale dei dormienti, il governo ne proibisce la vendita e con essa la pratica di ibernare i corpi. Ma all’arrivista Reizō tutto ciò non interessa, neanche il rancore che i figli, vedendosi  privati delle loro esistenze, avrebbero covato nei suoi confronti. E così, mentre quasi tutta la famiglia dorme ormai da vent’anni, Reizō alterna al sonno periodi di veglia, durante i quali può controllare e accrescere il patrimonio. A svegliarlo e a monitorare i macchinari ci pensa invece Shirō, il suo quarto figlio, costretto, suo malgrado, ad obbedirgli. Quando, però, Shirō sveglia Ichirō, il primogenito e suo fratello maggiore, iniziano i guai per tutta la famiglia. Non riuscendo a perdonare il dispotismo paterno, Ichirō si macchia di alcune ignobili azioni, fra tutte il parricidio e il fratricidio. Questi atti scellerati sono dettati dalla volontà del ragazzo o sono gli effetti collaterali del lungo sonno?
La seconda parte del manga, invece, assume i contorni di una spy story in cui il protagonista è sempre Ichirō, inseguito ora dalla polizia ora dai familiari in cerca di vendetta, ma protetto da un Ministro di Stato che lo ha assoldato per un delicato compito: introdursi nel “castello di vetro” e distruggere tutte le “bare del sonno” in cui dormono un centinaio tra politici e imprenditori. A coadiuvarlo nell’impresa, una ragazza ibernata duemila anni prima, vendicativa, tenace e caparbiamente attratta da Ichirō.
Considerazioni
Il manga, purtroppo, si interrompe sul più bello, esattamente quando Ichirō fa irruzione nel “castello di vetro”. Come si sarebbe sviluppata da quel momento in poi la storia? Che ruolo avrebbero avuto gli altri esponenti della famiglia Fudanuki? Non essendoci tracce di name o di appunti lasciati da Tezuka, non possiamo fare altro che basare le nostre considerazione su quest’unico volume articolato in sette capitoli.
Personalmente, ho una predilezione per il Tezuka impegnato sul fronte gekiga/seinen, in particolare per tutte quelle opere lontane da qualsiasi intento didattico/educativo e, quindi, non necessariamente vincolate al principio del kanzen chōaku (incitamento alle virtù e punizione del vizio). Al contrario, sono proprio le opere incentrate sull’esaltazione del vizio e del male quelle che regalano al lettore una visione meno edulcorata e ovattata dell’universo tezukiano, più originale e meno prevedibile sul piano narrativo e formale. Gli anni Settanta, poi, hanno rappresentato un momento cruciale nella sua carriera, un banco di prova notevole e sofferto. E questo Garasu no shiro no kiroku ne è un’ulteriore conferma.
A riprova di ciò, anche il tentativo dell'autore di continuare la serializzazione di questo manga proprio sulla sua «COM» (1967-73), “la rivista sulla quale puoi pubblicare i manga che vorresti disegnare”. Restano ignoti i motivi che hanno spinto Tezuka ad abbandonare il progetto. Saranno stati i risultati poco convincenti sul piano della popolarità o le sottotrame troppo sofisticate e ingarbugliate? In effetti, gli espedienti e gli spunti narrativi di questo manga sono esponenzialmente infiniti: si tratta di una versione moderna e in salsa giapponese de I fratelli Karamazov, oppure di una denuncia non troppo velata al sistema giudiziario e alla pena di morte? Meglio ancora, di una critica nei confronti della depravazione e della degenerazione dei costumi? A emergere su ogni fronte, infatti, è il taglio decisamente erotico della storia, con i suoi continui riferimenti (metaforici e no) alla sessualità.
Non dimentichiamoci che sempre in quegli anni (proprio nel 1970), Tezuka tentava un approccio personale a queste tematiche, orientandole e declinandole in base all’età dei suoi lettori (si vedano, ad esempio, Apollo no uta e Yakeppachi no Maria). In Garasu no shiro no kiroku, invece, nulla viene lasciato al caso e il sesso viene sviscerato e raccontato attraverso due ritratti femminili, Mari e Hiruno: entrambe ripropongono tout court la dicotomia virtù-vizio suggerita dal marchese De Sade con le sue celebri eroine, Justine e Juliette. Non manca, quindi, proprio nulla a questo curioso manga in bilico tra il picaresco, l’eroico, il poliziesco, l’erotico  e il grottesco. Anzi, l’unica pecca, ahimè, è l’assenza di un finale.


3 commenti:

  1. Senti ma di tutti questi manga fantastici compri i volumi giapponesi o riesci a trovare gli scan in rete? Perchè io ho provato a cercare qualcosa di Kamimura ma, a parte Shurayukihime, non esiste nulla di nulla. E purtroppo non conosco il francese.

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    1. Ciao! Dei manga recensiti sul blog ho la versione cartacea in lingua giapponese. Per quanto riguarda le scan, non mi risultano esserci altre serie di Kamimura oltre al famoso "Shurayuki-hime".

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    2. Eh. Mi sà che comprerò l'edizione francese di Dosei Jidai e per il resto pregherò per delle scan. Grazie.

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