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venerdì 17 febbraio 2012

"Shimi" di Yamaji Ebine


Autore: Yamaji Ebine
Anno di pubblicazione: 2008
Numero di volumi: 1
Edizione consultata: Fusōsha Comics
Editore: Fusōsha

Tra le mangaka più interessanti della nuova generazione, Yamaji Ebine - nata il 3 maggio di un anno imprecisato - occupa un posto di tutto rispetto. Illustratrice dai tempi delle medie, la Yamaji pubblica il suo primo manga a diciannove anni sulla rivista «LaLa», imponendosi col suo stile minimalista e raffinato, etereo e glaciale al tempo stesso. Tradotta con successo anche all’estero, la Yamaji è solita dar voce ad adolescenti tormentati, tra inconfessabili coming out e delusioni sentimentali. Non stupisce, quindi, che tre delle sue migliori prove - Love my life (2001), Indigo blue (2002) e Free soul (2004) - si facciano carico di un iter narrativo incentrato su sofferti percorsi introspettivi e di auto accettazione piuttosto che su un mero susseguirsi di eventi. I suoi attori sono ragazze o giovani donne smarrite, innamorate di qualcuno/a che non potrà mai amarle, solitarie e introverse, in preda a una solitudine impossibile da capire per chi non ha mai amato. Poco incline ai virtuosismi di molte sue colleghe, la Yamaji delinea i suoi personaggi con pochi tratti, quasi austeri nella loro semplicità. Ed è proprio grazie a questi perfetti attori d’inchiostro che l’autrice riesce a comunicare al lettore i loro stati d’animo, attraverso le espressioni dei loro volti e le loro movenze. Inutile sottolineare la sua predilezione per i contrasti cromatici scaturiti da un sapiente uso del bianco e del nero, così come il ricorso a quelle istantanee che sembrano fotografare un momento topico e isolare i personaggi da tutto ciò che li circonda. Ecco perché, ad esempio, nel racconto Shimi (Livido blu, 2008) la tristezza viene raffigurata con una vignetta completamente bianca, priva di qualsiasi oggetto, ma con la protagonista seduta su una sedia (che possiamo solo immaginare esserci) e con la testa appoggiata su un’inesistente scrivania: lo spazio è solo per la ragazza e per le sue lacrime che scendono sulla gonna nera.

Il volume in questione, Shimi, raccoglie tre racconti pubblicati dal 2003 sulle riviste «Bessatsu Chorus» e «Marika»: si tratta di due storie originali della Yamaji (Rabendā nōto e Wandā Rūmu) e un’altra (Shimi) basata su un racconto di Himeno Kaoruko (n.1958), una prolifica scrittrice più volte candidata al premio Naoki. Ed è proprio in quest’ultima storia che si stenta un po’ a riconoscere la Yamaji, forse intrappolata in un intreccio narrativo non troppo convincente, poco affine alle sue corde. Con uno stile più maturo rispetto alle opere d’esordio, ma carico di intuizioni grafiche estremamente eleganti, Shimi analizza un rapporto di silenzio tra due adolescenti, tra pensieri inespressi e sguardi eloquenti. Keiko, la protagonista della storia, non riesce a spiegarsi il motivo che spinge J a isolarsi dagli altri compagni di classe, impenetrabile nel suo mondo di letture: anche durante le lezioni, il suo sguardo non si allontana mai dalle pagine di Tropico del Cancro di Henry Miller. Nel frattempo, Keiko si innamora di uno studente universitario, soffre per un sentimento d’amore mai espresso e assiste inerme ai pettegolezzi su una storia tra J e un insegnante. Una volta diventata adulta, Keiko comprende che il comportamento di J nascondeva un sentimento più grande e profondo, ma per lei ancora sconosciuto. E inutilmente, cerca di cancellare via il livido blu della propria colpa.
Se con Shimi emerge la Yamaji più recente (molto più convincente sul piano espressivo che non su quello narratologico), le altre due storie ci offrono un ritorno al passato, a temi e atmosfere più familiari. Wandā Rūmu (Wonder room, 2006) è una leggera commedia sui valori dell’amicizia, godibile ma non esaltante, mentre Rabendā nōto (Appunti alla lavanda) è la vera rivelazione di questo volume. Si tratta di sei mini-storie da otto pagine pubblicate tra il 2003 e il 2004, in un periodo a cavallo tra la fine di Indigo blue e la serializzazione di Free soul. A colpire sono soprattutto le prime due storie che sintetizzano al meglio la struggente poetica della Yamaji. Pochi dialoghi (spesso pensieri o monologhi interiori) che catturano un momento e danno voce alla solitudine di fragili adolescenti innamorati. Come Michiru che vorrebbe rinascere uomo per poter stare accanto alla sua amica di cui è innamorata o come Kisa disposta a fingere una relazione con un suo amico gay pur di assaporare la felicità di stare in due.

4 commenti:

  1. interessantissimo post su un'altrettando interessantissima autrice, che chissà se e quando tornerà in italia. speriamo bene!
    anche a me piace molto dal punto di vista grafico, adoro i disegni così puliti e minimalisti.

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  2. Non mi è chiara una cosa, però... Queste storie sono a tema Yuri? Mi è parso di no... Ma questa domenica sono particolarmente rimbambito! XD

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  3. Nel racconto più lungo (Shimi) non si parla di relazioni lesbiche, ma in "Appunti alla lavanda" ci sono due storie (su sei) a tema omosessuale (le più riuscite a mio avviso).

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  4. @ Claclina: speriamo che Yamaji Ebine torni presto in Italia, dopotutto il suo pubblico di affezionati lettori continua ad averlo!

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