Autore: Hagio Moto
Anno di pubblicazione: 1970
Numero di volumi: 1
Edizione consultata: Hakusensha bunko
Editore: Hakusensha
In Giappone si inizia a parlare di gourmet manga (o ryōri manga) nel 1983 quando la rivista «Big Comic Spirit» pubblica il primo episodio di una serie dal titolo Oishinbo (Gourmet), scritta da Kariya Tetsu (n.1941) e disegnata da Hanasaki Akira (n.1956). Bisogna fare attenzione, però, a non cadere in un facile errore: il fatto che si inizi a parlare di “gourmet manga” solo dal 1983, non deve far pensare che prima di questa data non esistessero manga ad argomento culinario. In pratica, la popolarità di Oishinbo avrebbe soltanto dato risalto alla specificità del tema, creando una nuova categoria di riferimento fino a quel momento inesistente. Dopotutto, basterebbe una breve analisi retroattiva per evidenziare la presenza del tema “cibo” anche in serie pubblicate prima del 1983. Qualche esempio. Nel 1923, il manga Dango Kushisuke man’yū (Le cronache di viaggio di Dango Kushisuke) di Miyao Shigeo (1902-1983) allude nel nome del suo protagonista ai famosi dolci di riso (dango), mentre in Anmitsu Hime (La Principessa Anmitsu, 1949-55) di Kurakane Shōsuke (1914-1973) i protagonisti hanno nomi di dolci (Dango), di ingredienti di dolci giapponesi (Anko, Kinako, etc.) o di leccornie occidentali (Kasutera fujin ovvero Madama Pan di Spagna). Se in un primo momento il tema del “cibo” (orientale o occidentale, non importa) si manifesta con semplici allusioni gastronomiche, più tardi diventa protagonista indiscusso di serie di successo per adolescenti come Hōchōnin Ajihei (Lo chef Ajihei, 1973-77) di Gyū Jirō (n.1940) e Big Jō (n.1933) e Misutā Ajikko (Il piccolo chef, 1986-89) di Terasawa Daisuke (n.1959). Questi ultimi due esempi, poi, offrono un interessante spunto di analisi meritevole di attenzione. Un tema come il “cibo” è di certo inconsueto per delle riviste di shōnen manga, ma i vari autori che si sono cimentati nel genere hanno cercato di svilupparlo seguendo le stesse dinamiche narrative tipiche dei fumetti per ragazzi: anche se l’azione si trasferisce dai campi sportivi (o di battaglia) ai fornelli di una cucina, la determinazione a vincere, a diventare il “numero uno”, rimane la stessa. Come per lo sport, la danza o qualsiasi altra disciplina, anche l’arte culinaria diventa metafora della crescita del personaggio, del raggiungimento di un traguardo.
Nel campo dello shōjo manga si sviluppa negli anni un’identica tendenza che, contrariamente alle aspettative, non dà esiti troppo eclatanti sul piano della popolarità. Tra i titoli di maggiore interesse si ricorda Kēki Kēki Kēki (Cake Cake Cake) di Hagio Moto (n.1949), sceneggiato da Ichinoki Aya (n.1929) e pubblicato nel 1970 sui supplementi speciali della rivista «Nakayoshi». Si tratta di un manga ascrivibile al primissimo periodo di attività della mangaka, la sua prima opera “lunga” dopo una serie di racconti brevi. L’importanza e il valore che Cake Cake Cake riveste per la Hagio non si limita soltanto alla struttura più articolata e al numero di pagine, ma racchiude un significato più profondo: grazie al compenso ricevuto per questo manga, la Hagio può finalmente trasferirsi a Tōkyō e pensare solamente alla sua carriera. E’ una commedia brillante, graficamente molto vicina allo stile di Mizuno Hideko (n.1939), ma allo stesso tempo in linea con le atmosfere frizzanti e scanzonate di Ruru to Mimi (Lulu e Mimi, 1969), sua opera di debutto. La storia è molto semplice. I coniugi Shiozaki hanno tre figlie e sperano che ognuna di loro possa dare prova del proprio talento: la maggiore viene indirizzata agli studi letterari, la seconda a quelli musicali e la più piccola, Kana, all’arte. Ma se le prime due mostrano un forte attaccamento allo studio, determinate nel realizzare il sogno dei genitori, Kana, invece, è tutta presa dalla sua passione per i dolci e continua a fantasticare su “campi con caramelle al posto dei fiori, barche di torta che d’estate galleggiano su un mare di gelatina, foreste di marshmallow, sentieri di Pan di Spagna e montagne di gelato alla vaniglia”. Kana trascorre le sue giornate passando da una pasticceria all’altra, spendendo tutti i suoi soldi assaggiando dolci. Un giorno incontra Albert, un giovane ragazzo francese in viaggio in Giappone e rimane stregata dal suo modo di cucinare, dalla sua abilità nel dosare gli ingredienti e dalla prelibatezza delle sue raffinate creazioni. In cuor suo, Kana ha già deciso cosa fare del proprio futuro e parte alla volta di Parigi per incontrare di nuovo Albert e apprendere tutti i segreti dell’arte pasticcera francese. Arrivata a Parigi, però, si illude di riuscire a trovare subito il ragazzo, ma dopo vari fallimenti e tristi rivelazioni, Kana decide ugualmente di inseguire il suo sogno di diventare una maestra pasticcera e di iniziare il suo lento e faticoso apprendistato.
Un lettore medio, abituato a leggere una Hagio alle prese con i turbamenti e i tormenti dell’animo umano, potrebbe trovarsi spiazzato di fronte a questa commedia che, nonostante un tratto ancora acerbo (alle volte impreciso ma sempre gradevole), rivela un inaspettato talento comico. Sebbene siano passati ormai quarant’anni dalla sua prima pubblicazione, Cake Cake Cake conserva una freschezza e una vivacità narrativa capace di coinvolgere anche un lettore di oggi. In definitiva, una piacevole parentesi di svago.


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