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mercoledì 22 febbraio 2012

"Majo Tenshi" di Matsumoto Reiji


Autore: Matsumoto Reiji
Anno di pubblicazione: 1978
Numero di volumi: 1
Edizione consultata: Kōdansha Manga Bunko
Editore: Kōdansha


Si dice che quando un uomo è triste, c’è una strega che ride.
Ma ci sono anche streghe che versano lacrime quando un uomo soffre.

Il nome di Matsumoto Reiji (n.1938) si lega, spesso e volentieri, a una serie di opere di fantascienza che hanno spopolato in Giappone durante gli anni Settanta e Ottanta. Si pensi a Uchū Senkan Yamato (La corazzata spaziale Yamato, 1974-75), Uchū Kaizoku Kyaputen Hārokku (Capitan Harlock, pirata spaziale, 1977-79) o Ginga Tetsudō 999 (Galaxy Express 999, 1977-81), titoli che hanno raggiunto una notevole popolarità anche all’estero grazie alle rispettive serie animate. Durante la sua lunga e ininterrotta carriera, però, Matsumoto ha fatto frequenti incursioni nel mondo dello shōjo manga, del fumetto di guerra e soprattutto dei cosiddetti yojōhan mono. Si tratta di storie che hanno per protagonisti adolescenti o giovani coppie che vivono in una piccola stanza di 4 tatami e mezzo, poco confortevole, sudicia e in condizioni di estrema ristrettezza economica. Spesso, l’universo fantascientifico e quello estremamente quotidiano di questi due filoni si fondono insieme, dando modo a Matsumoto di creare storie in bilico tra il “reale” e il “meraviglioso”. Majo Tenshi (Angelo strega) è una delle tante serie nate da questa fusione. 



Pubblicato sulle pagine di «Gekkan Shōnen Magazine» tra il 1978 e il 1979, il manga è una sintesi di personaggi e situazioni già ampiamente sviluppati da Matsumoto in opere di maggior respiro e successo. Non a caso, il volume in questione andrebbe collocato all’interno della produzione minore dell’autore, un titolo, insomma, poco originale sul piano narrativo. Il protagonista si chiama Monono Kejime e condivide con molti personaggi di Matsumoto una stessa caratterizzazione fisica e psicologica. Non si può certo dire che Hoshino Tetsurō di Galaxy Express 999, Ooyama Nobotta di Otoko oidon (Io sono un uomo, 1971-73) e l’omonimo Monono Kejime di Daijunjō-kun (Un ragazzotto ingenuo, 1977) siano stati disegnati da Matsumoto nel tentativo di accaparrarsi le simpatie di un pubblico femminile. Al contrario, sono spesso giovani indecisi, inconcludenti, poco rassicuranti, ancor meno intelligenti, apatici, ma nel loro piccolo caparbi. La bellezza non è un’arma di cui possono andare fieri: gambe arcuate, occhi piccoli e ravvicinati su un viso esageratamente grande, bocca spalancata con enormi denti, simile a un becco a uncino quando ritratta di profilo. A far loro da controparte, c’è sempre un misterioso personaggio femminile, estremamente affascinante, longilineo, etereo, dalle dita affusolate e dai lunghi capelli (si vedano Maetel di Galaxy Express 999, Shimaoka di Daijunjō-kun o Tokinowa Rei di Majo Tenshi). Queste donne compaiono all’improvviso, irrompono nella vita dello sventurato ragazzo e lo prendono sotto la propria ala protettiva. Ecco perché la sensazione di déjà vu è costante e non abbandona mai il lettore alle prese con alcune opere di Matsumoto, come se i protagonisti fossero sempre gli stessi, ma in contesti diversi. Ovviamente ci sono piccole e necessarie variazioni.
Nel caso di Majo Tenshi non si può parlare di un vero e proprio yojōhan mono, perché il protagonista vive ancora con i propri genitori in una casa a due piani. Tuttavia, la sua vita ruota attorno alla sua sudicia stanza che ricorda tanto quella di Ooyama Nobotta di Otoko oidon, disordinata all’inverosimile, con la biancheria sporca sparsa ovunque, con confezioni di ramen istantaneo ormai vuote e l’immancabile futon. Il personaggio femminile, invece, è una strega alla ricerca di un “ragazzo diffidente, brutto e poco sveglio” e lo trova proprio in Kejime, figlio unico di una coppia vivace e stravagante, protagonista delle uniche gag del manga. Sfiduciato per via dei pessimi voti a scuola, tormentato per il suo amore non ricambiato per la più carina della classe e vittima dei bulli della scuola, Kejime si chiude nella sua stanza a piangere, avvolto nel suo futon. Improvvisamente compare la bellissima Tokinowa Rei, una ragazza che lo segue ovunque e che si confessa innamorata di lui. Ma è un trucco: lei è una strega che vuole irretirlo e portarlo all’infelicità. Alla fine, però, Rei viene sconfitta dalla purezza d’animo del ragazzo e ritorna nel luogo sconosciuto da dove era provenuta. Subito dopo entra in scena una nuova strega, la Majo Tenshi del titolo, che terrà compagnia a Kejime per tutti i restanti otto capitoli. Si nota una cesura, seppur non così marcata, tra il primo capitolo e i successivi, come se Matsumoto avesse voluto creare una serie attorno a un episodio pilota particolarmente fortunato. Qualche differenza si nota (un nuovo viso per il padre del ragazzo che mantiene, fortunatamente, un identico temperamento), ma tutto sommato gli ingredienti restano gli stessi. Questa volta Matsumoto sembra più interessato a sviluppare la figura della strega non come portatrice di sventure, ma come angelo custode che protegge un giovane di poche speranze. Il compito di Majo Tenshi sarà di sostenere il ragazzo e infondergli fiducia, trasformarlo da anonimo e sbeffeggiato studente in eroe della scuola.
Matsumoto ha scritto opere memorabili e profonde, ma questo Majo Tenshi - vuoi per la periodicità irregolare vuoi per l’intreccio debole - non convince e non avvince fino in fondo. Qui e là, qualche frase a effetto per chiudere un episodio poco accattivante, magari sull’eterno dilemma tra sostanza e apparenza, tra esteriorità e interiorità, o sui misteri dell’animo umano. Una su tutte: il cuore di ogni uomo è un universo Il cui accesso è interdetto perfino a una strega. Che tipo di luogo sarà? Neanche una strega ne è a conoscenza. E’ uno spazio cosmico eterno e misterioso…

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