Autore: Watanabe
Masako
Anno di pubblicazione: 1973
Numero di volumi: 1
Edizione consultata: HMB
Hōmusha Manga bunko
Editore: Shūeisha
Yoshimoto
Banana (n.1964) non ha mai nascosto la sua fascinazione per i manga di Ōshima Yumiko (n.1947) e Iwadate
Mariko (n.1957), così come non ha mai fatto mistero della sua passione per i
film di Dario Argento, i romanzi di Stephen King e i manga di Man Gatarō:
svaghi, si potrebbe obiettare, non propriamente per signorine. Da una parte
delicate storie di formazione e intensi racconti d’amore, dall’altra film e
romanzi imbevuti di sangue e vendetta o manga dallo humor dissacrante. I gusti della Yoshimoto,
però, sembrano essere condivisi da un pubblico femminile più vasto, come
peraltro dimostrano innumerevoli sondaggi: le storie a tematica horror, per
esempio, sono seconde soltanto alle storie d’amore. Non solo lacrime e buoni
sentimenti, quindi, ma anche gusto per il macabro e l’orrore. Negli anni
Sessanta, Umezu Kazuo (n.1936) è stato il primo a capirlo, riuscendo nel
difficile compito di strutturare lo shōjo manga secondo nuovi parametri: il suo grande
merito è stato quello di aver introdotto la variante “paura” in un mondo che
sembrava immacolato, ovattato e sicuro. E le lettrici ne erano rimaste rapite,
incapaci di staccare gli occhi da quelle pagine, tanto che da quel momento si è
parlato di un vero e proprio boom di shōjo horā manga (shōjo horror manga). Tra gli autori
che hanno contribuito allo sviluppo del genere bisogna annoverare anche
Watanabe Masako (n.1929), artista raffinata ed eclettica, il cui nome è spesso
legato alla nascita del fumetto per fanciulle, con titoli entrati ormai di
diritto nella storia del manga, da Hakuba no shōjo (La ragazza con il cavallo bianco,
1957) al long seller Garasu no shiro (Il castello di vetro, 1969). Ed è
proprio con quest’opera che la Watanabe inizia a familiarizzare con il tema del
macabro, grazie alla storia di due sorelle e al loro controverso rapporto che
ricorda (e spesso omaggia) il film Che fine ha fatto
Baby Jane? (1962), con Bette
Davis e Joan Crawford. Seinto Rozarindo (Saint Rosalind, 1973), invece, è il
primo manga della Watanabe in cui l’intreccio narrativo è completamente
asservito all’esaltazione del male, al prevalere del fattore “stupore/paura” su
quello “meraviglia/incanto”.
Pubblicato
sulle pagine di «Shūkan Shōjo Friend»,
il manga narra la storia di Rosalind, una bambina di otto anni dal viso
d’angelo, perfetta sintesi di candore e innocenza. Dietro quel sorriso
affabile, però, si nasconde una natura perfida e sanguinaria: Rosalind è
disposta a tutto pur di ottenere ciò che desidera e i suoi “capricci” (dal
portagioie della zia all’anello della cugina, dall’uccellino della domestica al
biglietto aereo di un’altra bambina) sono la causa scatenante di una serie di
efferati omicidi. Rosalind non conosce le mezze misure, ma appare inconsapevole
delle proprie azioni, convinta della propria buona fede.
Il
manga può essere suddiviso in due archi narrativi distinti: nel primo, Rosalind
viene presentata al lettore attraverso una serie di uccisioni dai risvolti
macabri (dita staccate a morsi, occhi cavati dalle orbite..); nel secondo,
invece, la bambina è ritratta mentre tenta di ritornare a Londra dalla Grecia,
ospitata di volta in volta da malcapitati di buon cuore. Il fascino di questo
manga, inutile negarlo, si nasconde nel personaggio di Rosalind, figura
centrale di una storia che coinvolge, rapisce e al contempo suscita ripugnanza
e sgomento. Dopotutto, non è certo la prima volta che all’interno di uno shōjo manga appare una bambina mossa da istinti
crudeli e sadici. Nel 1967, Umezu Kazuo disegnava Akanbo shōjo (La ragazza neonata), pubblicato
sempre su «Shūkan
Shōjo Friend». Questa volta, però, la protagonista è una ragazza
dall’aspetto di una mostruosa neonata dai denti aguzzi che tortura e vessa
psicologicamente la bella sorella minore. Nel manga di Umezu, il carattere di
Tamami è giustificato dall’odio nei confronti della “bellezza” rappresentata
dalla sorella, mentre in Saint Rosalind le azioni della bambina sono il frutto
di un’eredità genetica. In fin dei conti, anche Rosalind è una vittima e
l’ultima scena rappresenta metaforicamente la purificazione della sua anima,
circondata dal candore della neve.
Senza
cadere in un inutile e compiaciuto voyeurismo, la Watanabe si dimostra molto
abile nel delineare i tratti di una storia controversa in cui non mancano,
però, scene sanguinarie, crudeli e a tratti splatter. Da un punto di vista
dell’intreccio, non si può non nascondere una certa ripetitività tesa a
focalizzare “l’ingenua perfidia” di Rosalind, ma la struttura è ben oliata,
resa avvincente dai numerosi colpi di scena e dal classico deus ex machina che scioglie la vicenda. In
definitiva, una storia intensa e dal ritmo serrato, crudele ma non per questo
priva della classica estetica da shōjo manga.



avevo adocchiato la copertina già da un po', adesso a leggere la tua recensione mi sono resa conto che il mio sesto senso non si sbagliava affatto! è una storia che leggerei sicuramente, sebbene l'horror non sia la mia passione e non riuscirei mai a vedere un film di questo genere... però questo manga mi ispira davvero tanto, sia per i disegni che per la trama ma sopratutto per l'ambiguità della protagonista che mi pare davvero un bel personaggio.
RispondiEliminacome sempre, rinnovo i miei complimenti a questo blog! ♥
Grazie Claclina! Complimenti anche per il tuo blog..lo leggo spesso con piacere!
RispondiElimina"Saint Rosalind" è una storia molto particolare che anche i non-amanti del genere horror apprezzeranno di sicuro...e poi, il tratto della Watanabe è così raffinato ed elegante da stemperare anche le scene più cruente. Appena posso, inserisco qualche illustrazione anche su facebook!
attendo con piacere! i disegni mi piacciono tantissimo davvero!
RispondiEliminama di tutti i manga che recensisci non ci sono edizioni francesi o inglesi? nel caso in cui capitasse lo segnaleresti, vero? ^^
Tra i manga recensiti, esistono le versioni in francese di alcuni titoli di Kamimura Kazuo (Dousei Jidai)e di Tezuka (anche in inglese). La Watanabe (così come Maki Miyako e Mizuno Hideko) non mi sembra sia stata mai tradotta in lingue occidentali..purtroppo..
RispondiEliminaquelli di kazuo kamimura infatti li ho messi in wishlist in francese da tempo, per tezuka ci spero ancora...
RispondiEliminafortuna che esistono le edizioni straniere a far accorciare le liste desideri altrimenti non finirebbero mai XD
Appena leggi qualcosa di Kamimura Kazuo, fammi sapere cosa ne pensi!
RispondiEliminasicuro! spero di avere presto i dindi per fare una bella spesona da amazon...
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