Autore: Maki Miyako
Anno di pubblicazione: 1997
Numero di volumi: 1
Edizione consultata: Young Rosé Comics DX
Editore: Kadokawa Shoten
Nel 1997, il Giappone viene colpito dal fenomeno “Shitsurakuen” (Paradiso perduto), un romanzo di Watanabe Jun’ichi (n.1933) che, oltre a piazzarsi tra le prime posizioni dei libri più letti dell’anno (due milioni e mezzo di copie), riesce a oltrepassare i confini dell’arcipelago registrando numeri da capogiro anche in Cina e in Corea. La carriera artistica di Watanabe Jun’ichi è segnata da molti e importanti successi editoriali, nessuno dei quali, però, scevro di polemiche e infiniti dibattiti di natura socio-letteraria. Basti pensare al polverone mediatico che suscita nel 1976 Jisatsu no susume (Consigli per suicidarsi), un manuale in cui vengono illustrati con dovizia di particolari metodi per togliersi la vita, suggerendo sistemi più o meno dolorosi. Nell’ultimo ventennio, però, Watanabe Jun’ichi ha legato il suo nome a romanzi che non disdegnano riferimenti alla sfera sessuale dei protagonisti, spesso uomini di mezza età. Tra questi si segnalano Shitsurakuen e Ai no rukeichi (Il confino dell’amore, 2006), due romanzi che raccontano storie di coppie intrappolate in torbide relazioni sentimentali, in legami proibiti dai risvolti drammatici. Shitsurakuen è ancora oggi uno dei suoi lavori più letti e tradotti all’estero e che, forte del successo tra il pubblico, ha generato un radio e TV drama, un film e, ovviamente, un manga.
A disegnarlo troviamo una signora del fumetto, Maki Miyako (n.1935), una delle autrici più importanti nell’ambito dello shōjo manga fin dagli anni Sessanta insieme con Mizuno Hideko (n.1939) e Watanabe Masako (n.1929). Finito il tempo di raccontare storie strappalacrime di bambine alla ricerca di una madre scomparsa o di ragazzine votate alla danza con indomabile spirito di abnegazione (si pensi a Maki no kuchibue e Ribon no warutsu, rispettivamente del 1960 e del 1963), Maki Miyako inizia dagli anni Settanta a rivolgersi a un pubblico maturo di entrambi i sessi, tratteggiando ritratti di donne alle prese con storie d’amore combattute e sofferte, melodrammi imbevuti di una sottile vena erotica. Sempre negli ultimi anni, poi, realizza diverse riletture di grandi classici della letteratura, dal Genji Monogatari di Murasaki Shikibu alla Salomè di Oscar Wilde, dal Kōshoku gonin onna di Ihara Saikaku a questo Shitsurakuen, un romanzo che in parte sembra sintetizzare lo spirito della mangaka in una miscela di eros e thanatos, pulsioni di vita e di morte, fattore comune a molti suoi lavori. In breve la trama.
Deluso per un mancata promozione nella casa editrice per cui lavora, Kuki Shōichirō, un uomo di 54 anni, aspetta soltanto il pensionamento ormai prossimo. Proprio quando la sua vita sembra destinata a consumarsi nel rimpianto e nella constatazione della fine del sentimento d’amore nei confronti della moglie, Kuki incontra una giovane maestra di calligrafia, la trentasettenne Matsubara Rinko e tra i due scoppia la passione. Si incontrano di nascosto, si isolano in lussuose stanze d’albergo dove Rinko, sposata a un uomo freddo e distaccato, sperimenta il sesso e si concede senza paure a Kuki. I loro incontri sono scanditi dallo scorrere delle stagioni - dalla primavera con i fiori di ciliegio, all’inverno con la neve – e come in un diario di viaggio (kikō), i due visitano e contemplano alcuni dei luoghi più suggestivi del Giappone, da Kamakura ad Hakone, da Yokohama a Izu, fino al tragico epilogo a Karuizawa. Certo, il lettore sembra essere preparato a quel finale, soprattutto quando più volte viene fatto cenno al caso di Abe Sada (1905-1970) e alla sua follia d’amore nei confronti di Ishida Kichizō (1894-1936): la scoperta da parte di Rinko della propria sessualità e delle proprie pulsioni, la rendono la perfetta incarnazione moderna di Abe Sada. Anche Kuki e Rinko decidono di voltare le spalle alla società e alle loro rispettive famiglie: come Adamo ed Eva hanno ormai mangiato il frutto del peccato e non possono evitare di sprofondare all’inferno. Ecco perché decidono di morire insieme, al culmine della loro felicità, commettendo uno shinjū, un doppio suicidio d’amore. Un gesto anacronistico che di sicuro riporta alla mente di un lettore più attento i drammi di Chikamatsu Monzaemon (1653-1725), quando i due protagonisti innamorati si tolgono la vita, facendo trionfare i sentimenti sul dovere sociale, il ninjō sul giri. Anche Kuki e Rinko intraprendono il loro michiyuki, il viaggio verso la morte: si isolano in una villa a Karuizawa, mangiano, sorseggiano un vino pregiato a cui hanno aggiunto del veleno, e fanno l'amore per l’ultima volta. I loro corpi vengono scoperti dal custode che li trova nudi, ancora avvinghiati l’uno all’altra.
Complessivamente il lavoro risulta gradevole, equilibrato e sommesso. Maki Miyako si affida del tutto al romanzo di Watanabe perfino nella suddivisione in capitoli (ne cambia, però, i titoli) e addirittura ripropone per intero l’ultimo capitolo del romanzo, quello in cui viene riportato il referto della polizia sul ritrovamento dei cadaveri. Tutto ciò crea una certa rigidità in una storia che sembra intrappolata in uno schema fisso e che ruota, bene o male, attorno a un rapporto sessuale. Se l’intreccio narrativo non mostra picchi di originalità (di base si parla di un tradimento, di una relazione extraconiugale), Maki Miyako conferisce alla storia eleganza e garbo, grazie a un tratto raffinato che, soprattutto nelle scene erotiche, sprigiona sensualità e gusto per il decoro. Un po’ come la copertina del volume che ricorda tanto i lavori di Michail Aleksandrovič Vrubel' (1856-1910).
Per un maggiore approfondimento sulla storia di Abe Sada si veda:
http://unastanzapienadimanga.blogspot.com/2011/09/inkaden-di-kamimura-kazuo.html
Per un maggiore approfondimento sulla storia di Abe Sada si veda:
http://unastanzapienadimanga.blogspot.com/2011/09/inkaden-di-kamimura-kazuo.html

ecco un'altra meraviglia che avrei davvero voglia di poter leggere in qualsiasi lingua conosco.
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