Autore: Shōji Yōko
Anno di pubblicazione: 2006
Numero di volumi: 2
Edizione consultata: Morning KC
Editore: Kōdansha
Sin da piccolo ho avvertito un senso di estraneità col mio corpo.
Giocavo soltanto con gli altri bambini maschi.
Eppure,
a me non spuntava mai il pisellino.
Mio padre mi sgridò quando a Natale ne chiesi uno in regalo a Babbo Natale.
In classe, i miei compagni maschi si prendevano gioco di me, mi spogliavano.
Non ho mai indossato nemmeno una volta l’uniforme scolastica. Frequentavo le lezioni in tuta.
Non riuscii a farmi degli amici.
Lo shock delle prime mestruazioni fu enorme.
Il corpo aveva tradito il mio animo.
Avrei preferito la morte.
Ero tormentato dal dubbio di essere uno scherzo della natura.
Quando scoprii su internet che esistevano tante persone come me, si spalancarono le porte di un mondo nuovo.
Eppure, la mia libertà era introvabile a casa.
Alle prese con questo insolito manga troviamo una veterana del fumetto per ragazze, quella Shōji Yōko (n.1950) che aveva incantato una generazione con il lungo serial di ambientazione scolastica, Seito Shokun! (Studenti!, 1977-1984). Sono passati molti anni dalle avventure di Naoko & Co, e la Shōji, forse sentendo l’esigenza di voler abbracciare un pubblico più maturo, si lancia nel progetto G.I.D., acronimo di “Gender Identity Disorder”. A ospitarlo ci pensano le pagine di Morning, una rivista di seinen manga, ovvero, fumetti prettamente indirizzati a un pubblico maschile adulto. Non è affatto la prima volta che un’autrice di shōjo manga si cimenta con tutt’altro genere di storie: dopotutto, sembra ormai l’ultima tendenza dell’editoria giapponese quella di confondere un poco le acque, di far disegnare alle donne storie per uomini adulti e viceversa. Come se la rigida divisione tra gender (e quindi tra riviste per ragazzi e ragazze, per uomini e per donne) stia a poco a poco scomparendo. La nascita e il successo di esperimenti come Morning Two lo dimostra ampiamente: per rendersene conto, basta leggere la scritta riportata sulla copertina, No concept, no target, no rule.
Ma torniamo per un attimo a G.I.D. La storia è facilmente riassumibile: una bambina, Akiko, avverte sin dalla più tenera età l’appartenenza e l’identificazione di se stessa nel sesso opposto e non in quello biologico. In poche parole, Akiko è affetta, secondo i parametri medici, da un disturbo dell’identità di genere. Nonostante il padre sia un politico che si batte per il riconoscimento e per una legge che possa tutelare queste persone, in casa non riesce assolutamente ad accettare che tutto questo possa accadere alla propria figlia. Akiko fugge di casa, abbandona il suo nome femminile e si fa chiamare Akira. Poi, grazie all’interessamento della nonna riesce a iniziare quel lento e faticoso percorso che la porterà a far combaciare il suo spirito con il suo corpo (cure ormonali, asportazione del seno e ricostruzione dei genitali), facendole trovare l’amicizia e l’amore.
Nonostante una narrazione febbrile, troppo veloce, la prima parte del manga si lascia leggere con più interesse, quando lo sguardo dell’autrice si muove ad analizzare il dramma che sconvolge la piccola Akiko, il processo di accettazione e la sfida con il mondo esterno. La seconda parte, invece, sembra voler dimenticare tutto questo e con una sempre più forsennata narrazione ci racconta l’ingresso in politica di Akira, le elezioni, il matrimonio, l’adozione di due figli e, finalmente, l’accettazione da parte del padre. Insomma, quella che sarebbe potuta essere una sofferta narrazione di un processo di self expression, di crescita e di maturazione, si trasforma un feuilleton troppo semplicistico dove il più insormontabile degli ostacoli si supera voltando semplicemente una pagina. Encomiabile il proposito della Shōji di voler dar voce alla tristezza, alla sofferenza e al dolore di tutti coloro che soffrono per aver ricevuto in dono un corpo che in realtà non appartiene loro. Ma forse il proposito non basta. G.I.D. è un caffè amaro con l’aggiunta di troppe bustine di zucchero.
Nonostante una narrazione febbrile, troppo veloce, la prima parte del manga si lascia leggere con più interesse, quando lo sguardo dell’autrice si muove ad analizzare il dramma che sconvolge la piccola Akiko, il processo di accettazione e la sfida con il mondo esterno. La seconda parte, invece, sembra voler dimenticare tutto questo e con una sempre più forsennata narrazione ci racconta l’ingresso in politica di Akira, le elezioni, il matrimonio, l’adozione di due figli e, finalmente, l’accettazione da parte del padre. Insomma, quella che sarebbe potuta essere una sofferta narrazione di un processo di self expression, di crescita e di maturazione, si trasforma un feuilleton troppo semplicistico dove il più insormontabile degli ostacoli si supera voltando semplicemente una pagina. Encomiabile il proposito della Shōji di voler dar voce alla tristezza, alla sofferenza e al dolore di tutti coloro che soffrono per aver ricevuto in dono un corpo che in realtà non appartiene loro. Ma forse il proposito non basta. G.I.D. è un caffè amaro con l’aggiunta di troppe bustine di zucchero.


A me questo manga è piaciuto assai. Ammetto che un terzo volume sarebbe stato perfetto, perchè due soli hanno tralasciato alcuni aspetti e certe cose si sono svolte troppo velocemente.
RispondiEliminaPerò tanto di cappello ai Kappa Boys che hanno portato quest'opera molto coraggiosa e soprattutto per aver pubblicato qualcosa di Yoko Shoji, mangaka che io apprezzo parecchio.
Tanto di cappello ai Kappa Koys per aver portato in Italia un manga di Shoji Yoko, anche se a mio avviso c'erano opere di gran lunga migliori nel catalogo (assai vasto e variegato) della Shoji. Non ho acquistato la versione italiana, ma mi piacerebbe leggerne la traduzione. Di sicuro, una bella sfida. Come ti è parsa la traduzione?
EliminaIo devo ancora recuperalo. Mi ispira moltissimo per il tema che tratta e mi piacerebbe davvero leggerlo. Deve solo capitarmi una buona occasione ^^
RispondiEliminaLa prima parte è gestita in maniera garbata e coerente, la seconda (a mio avviso) è troppo affrettata e poco realistica. Se ti capita qualche offerta, recuperalo, se non altro per il tema inusuale.
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