Autore: Yamagishi Ryōko
Anno di prima pubblicazione:
1994
Numero di volumi: 3
Edizione consultata: Ushio Manga
bunko
Editore: Ushio
Shuppansha
Prima di reinterpretare la
figura della leggendaria regina Himiko nel suo Ao no jidai (L’epoca azzurra, 1998), Yamagishi Ryōko (n.1947) si
era concessa una lunga parentesi dedicata alla storia dell’antico Egitto. Nel
1994 iniziava la serializzazione di Tsutankāmen (Tutankhamon), affiancata poi da alcuni racconti su
Hatshepsut (Hatoshepusuto, 1995-96) e
Iside (Ishisu, 1997). Queste ultime due
storie erano probabilmente nate grazie alle suggestioni
e ai rimandi presenti in Tutankhamon,
anche se l’approccio e gli intenti narrativi erano diametralmente opposti: se in
Hatshepsut e Iside, Yamagishi racconta la storia di due donne facendo
riferimento a un corpus assai variegato di fonti, tra testimonianze, miti e
leggende, in Tutankhamon, invece, non vuole raccontarci la storia del giovane faraone, ma il ritrovamento della sua tomba attraverso un ritratto dell'archeologo che la portò alla luce,Howard Carter (1874-1939). Pubblicato dapprima sulle pagine di «Lala» con il titolo Fūin (Il sigillo), il manga viene poi serializzato su «Gekkan Komikku Tomu» fino al 1996 con un nuovo e definitivo titolo, Tutankhamon.
Trama
Il giovane Howard Carter è un brillante archeologo ed egittologo, formatosi grazie agli insegnamenti sul campo di Flinders Petrie (1853-1942). La grande svolta arriva quando, ormai disoccupato, viene ingaggiato da George Herbert (1866-1923), quinto conte di Carnarvon, per una serie di scavi prima nel villaggio di Kurna, poi nella valle dei Re. Dopo diversi anni di ricerca infruttuosa, Carter è sul punto di abbandonare ogni speranza, quando la scoperta di alcuni scalini gli permette di accedere a una necropoli ancora con i sigilli e, presumibilmente, non ancora depredata dai ladri. La notizia fa il giro del mondo e il sito - noto come KV62 - viene preso d’assalto da egittologi, giornalisti e curiosi, ansiosi di osservare le meraviglie conservate in quelle stanze. Carter, però, ordina ai suoi operai di ricoprire la scalinata fino all’arrivo di Lord Carnarvon. Il 6 novembre gli spedisce un telegramma rendendolo partecipe della notizia: “Ho fatto infine una meravigliosa scoperta nella Valle; una magnifica tomba con i sigilli, intatta; ricoperta in attesa del vostro arrivo; felicitazioni”.
Il giovane Howard Carter è un brillante archeologo ed egittologo, formatosi grazie agli insegnamenti sul campo di Flinders Petrie (1853-1942). La grande svolta arriva quando, ormai disoccupato, viene ingaggiato da George Herbert (1866-1923), quinto conte di Carnarvon, per una serie di scavi prima nel villaggio di Kurna, poi nella valle dei Re. Dopo diversi anni di ricerca infruttuosa, Carter è sul punto di abbandonare ogni speranza, quando la scoperta di alcuni scalini gli permette di accedere a una necropoli ancora con i sigilli e, presumibilmente, non ancora depredata dai ladri. La notizia fa il giro del mondo e il sito - noto come KV62 - viene preso d’assalto da egittologi, giornalisti e curiosi, ansiosi di osservare le meraviglie conservate in quelle stanze. Carter, però, ordina ai suoi operai di ricoprire la scalinata fino all’arrivo di Lord Carnarvon. Il 6 novembre gli spedisce un telegramma rendendolo partecipe della notizia: “Ho fatto infine una meravigliosa scoperta nella Valle; una magnifica tomba con i sigilli, intatta; ricoperta in attesa del vostro arrivo; felicitazioni”.
Considerazioni
Il manga della Yamagishi non è una mera cronistoria della scoperta, ma un gradevolissimo racconto in cui si intrecciano documenti storici ed elementi soprannaturali. La base storiografica è precisa, mai approssimativa ma neanche pedante. Il plot, quindi, si regge su una struttura solida e al contempo piacevole, senza dimenticare il lato “romantico” e quello “misterioso”. Il personaggio di Carter viene presentato secondo i canoni dello shōjo manga, alto, biondo, efebico, dallo sguardo magnetico e tagliente. Un ritratto notevolmente in contrasto con l’originale (Immagine 1), ma indispensabile per attirare un pubblico di lettrici.
Il manga della Yamagishi non è una mera cronistoria della scoperta, ma un gradevolissimo racconto in cui si intrecciano documenti storici ed elementi soprannaturali. La base storiografica è precisa, mai approssimativa ma neanche pedante. Il plot, quindi, si regge su una struttura solida e al contempo piacevole, senza dimenticare il lato “romantico” e quello “misterioso”. Il personaggio di Carter viene presentato secondo i canoni dello shōjo manga, alto, biondo, efebico, dallo sguardo magnetico e tagliente. Un ritratto notevolmente in contrasto con l’originale (Immagine 1), ma indispensabile per attirare un pubblico di lettrici.
Inoltre, pur di
soddisfare questo pubblico, Yamagishi fantastica su una platonica storia d’amore
tra Carter e la giovane figlia di Herbert, Lady Evelyn. Come nella migliore
delle tradizioni, questa relazione viene osteggiata dalla madre di lei e dal
carattere di Carter, irrisoluto e timido. Va detto, però, che l’aspetto “sentimentale”
rimane sempre in secondo piano e non viene approfondito dall’autrice, più
attenta, invece, a mettere in luce un altro personaggio, Ka, un ragazzo dalla carnagione
scura, anche lui efebico, scaltro e opportunista. La sua figura è ammantata da
un alone di mistero, a partire dalla sua infanzia vissuta all’interno di una tomba fino allo svezzamento avvenuto con il latte di un cane simile ad Anubi. Carter sembra essere ossessionato da questo ragazzo, non
riesce a non pensare a lui e arriva perfino a sognarlo, tra indicazioni, doni e
profezie sibilline. Il mistero si risolve quando Carter aprirà il sarcofago del
giovane faraone e riconoscerà in quella famosa maschera dorata il volto di Ka.
Sorprendentemente
inedito in Italia, Tutankhamon è un
manga appassionante, impeccabile e raffinato: è l’esempio più concreto di
come una storia arcinota possa essere trasformata in un racconto originale, capace di
coinvolgere il lettore e tenerlo incollato fino all’ultima pagina. E Yamagishi Ryōko
ci riesce con consumata abilità. Chapeau!





Chi dobbiamo uccidere per averlo in italiano?
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